E’ morto a New York all’età di 73 anni André Leon Talley, giornalista iconico del mondo della moda, ex direttore artistico dell’edizione americana di Vogue e tra i primi afroamericani a imporsi nel settore della moda tanto da aver avuto il soprannome di “The One and Only” . Figura inconfondibile, protagonista anche di cammei cinematografici, adorava il mondo della moda che viveva in maniera teatrale e amava vestirsi con mantelle, guanti e copricapi regali. Lo ricordiamo con questa sua celebre citazione ” “My eyes are starving for beauty” (I miei occhi sono affamati di bellezza).
Per ricordarlo vi riportiamo un testo di un articolo di Giuliana Matarrese del 28/04/2020 pubblicato su Marie Claire
Gli inizi con Andy Warhol, l’amicizia con Saint Laurent e Karl Lagerfeld, i party e gli eccessi: nel suo nuovo libro André Leon Talley racconta tutto. Compresa la fine (amara) dell’amicizia con la donna più potente d’America.
“La moda americana è ai ferri corti? Dopo una fashion week di New York da tempo messa in discussione nell’intero calendario moda e un’attualità che ha i numeri e gli scenari drammatici del post pandemia, a creare una nuova crepa nel sistema moda americano potrebbe essere una recente biografia. Protagonista André Leon Talley che ha rango di celebrità in patria (e non solo), un po’ per via di una carriera meritevole di una trasposizione cinematografica, un po’ per quei suoi look di molto sopra le righe, traduzione del camp applicata su tessuto e su una personalità per la quale la definizione spumeggiante è un eufemismo. A riprova di quest’affermazione, oggi, si cita la sua comparsa in una scena di The september issue, documentario sulla realizzazione del numero di settembre di Vogue: Talley si presentò sul campo da tennis per una sessione di allenamento con un maxi asciugamano in spugna e una valigetta in pelle a mo’ di beauty bag, per contenere, forse chissà, il deodorante e le chiavi di casa. Nel suo caso però, entrambi i pezzi avevano stampato a caratteri cubitali il monogram di Louis Vuitton, mentre sul suo polso brillava un orologio di diamanti. Nessuno dubitò per un attimo che quell’ensemble così scenografico potesse non essere suo, anche se poi si scoprì, come raccontò lo stesso Talley, che l’intero outfit fu frutto di un prestito da parte delle maison. Nella sua autobiografia, in uscita a settembre The Chiffon Trenches: a Memoir, l’ex editor at-large di Vogue US delinea con nuovi toni anche il suo rapporto, durato più di 30 anni, con Anna Wintour, rapporto di amicizia e lavoro iniziato ancora prima del 1988, Anno Domini nel quale Anna Wintour divenne direttrice del giornale. Nato nel 1949, e vissuto nel North Carolina segregazionista delle leggi di Jim Crow, André Leon Talley fuggì da quel mondo crudele grazie a una borsa di studio alla Brown University, per poi ritrovarsi nel 1974 a lavorare nella factory di Andy Warhol, militando da Interview con un paga da 50 dollari a settimana. L’incontro con “Nuclear Wintour”, come la chiamano in patria è del 1983, quando ci si ritrova negli uffici specchiati di Vogue, lei direttrice creativa – il giornale era allora guidato da Grace Mirabella – e lui fashion news director, e già uno dei primi uomini afro-americani a essersi fatto strada in un mondo della moda allora ancora incastrato negli adv che ritraevano un’America d’élite, divisa tra le case in Connecticut e le barche ancorate a Hyannis Port, ma sempre, indistintamente, bianca. Un lavoro trentennale, quello di Talley – intervallato negli anni da altri suoi ruoli, a W e Vogue Paris, per poi tornare a New York alla corte di Anna, dove è rimasto come editor at-large fino al 2013 – che non si è limitato alla recensione di sfilate o alle presenze alle feste comandate del calendario modaiolo, dal Met agli Oscar: Talley è stato infatti strumentale per sdoganare sulla passerella le modelle di colore, convincendo i designer a rendere omaggio alla comunità africana e afro-americana, spesso ridotta a numeri di rappresentanza, una a sfilata, giusto per salvare le apparenze. Amico dei potenti, ma anche delle star della disco Diana Ross e Cher, seduto alla destra di Lee Radziwill ai party e alle cene, André Leon Talley ha vissuto quegli anni da protagonista assoluto, amato e sostenuto, anche nei momenti difficili della sua vita personale, da amici del rango di Yves Saint Laurent e Karl Lagerfeld. Lo stesso Talley ha già raccontato come, distrutto dalla morte di Diana Vreeland, che aveva sempre considerato sua mentore, fu invitato quell’anno, il 1989, da Karl a prendere un volo (privato, si intende) per raggiungerlo a Parigi, e poi da lì, con chaffeur, nella villa in campagna dello stilista, anche lui in lutto per la perdita del suo compagno Jacques de Bascher. “Mi chiese di andare da lui, almeno avremmo potuto passare del tempo insieme e sostenerci in un momento che per entrambi era molto difficile. Mi fece anche trovare, al mio arrivo, una penna Fabergé, con le mie iniziali realizzate con dei diamanti. Era indubbiamente un amico generoso”.
Un altro ” vero autentico ” uomo senza pregiudizi e parte della storia internazionale della moda che è volato via….