Come ogni anno, in questi giorni di febbraio vengono rese note le statistiche relative agli avvenimenti dell’anno appena trascorso, e si pubblicano delle classifiche che vengono messe a confronto con quelle degli anni precedenti. In particolare, l’esame della pericolosità dei mezzi di trasporto si presta ad alcune considerazioni e a diverse critiche. Intanto, è già un problema definire il soggetto da prendere in esame e cioè se si deve considerare il numero di morti o quello degli incidenti mortali. Poi, è problematica la scelta della base di riferimento. Mi spiego meglio: per ogni tipologia di trasporto ci riferiamo al numero delle persone trasportate, oppure al numero di chilometri percorsi o al prodotto “persone per chilometri”, o al numero di ore di funzionamento accumulate? Prendiamo proprio quest’ultimo parametro e facciamo riferimento alla classifica dell’autorevole “Dipartimento dei Trasporti” della Gran Bretagna, vediamo cioè le vittime rapportate al numero delle ore (miliardi di ore) accumulate dai vari sistemi di trasporto nel 2019. I mezzi più sicuri sarebbero gli autobus urbani che hanno “provocato solo” una decina di morti ogni miliardo di ore di funzionamento. Seguono i treni e gli aerei con una trentina, le automobili sono a quota 130 e le motociclette a quasi 5000, risultando di gran lunga il mezzo più pericoloso. In questo elenco promiscuo figurano anche le biciclette (550) e i pedoni (220). È ovvio che la classifica va letta con attenzione per il fatto evidente che nessuno può considerare un’alternativa tra il recarsi (poniamo) da Milano a Roma in treno o a piedi. Ma anche restando in un ambito “concorrenziale”, come l’autobus e la bicicletta, non vedo a cosa serva una classifica generica che non può tener conto delle realtà locali, come le piste riservate, la segnaletica e i percorsi alternativi. Passando a un elenco statistico più serio, sempre reso noto dall’autorevole Dipartimento britannico di cui sopra, che tiene conto dei morti rapportati non più alle ore di funzionamento bensì ai chilometri percorsi dai vari mezzi di trasporto, troviamo l’aereo essere di gran lunga il più sicuro (0,05 morti per miliardo di chilometri) seguito dal treno (dieci volte più pericoloso) mentre l’automobile è (circa) cento volte più pericolosa dell’aereo e la motocicletta lo è addirittura duemila volte di più. Anche andare a piedi o in bicicletta non pare comunque essere troppo raccomandabile.
Risparmiamoci le altre classifiche stilate prendendo parametri di riferimento diversi, come ad esempio quello (importante) che tiene conto del numero dei trasportati, non senza notare che tutte tendono a evidenziare il primato del trasporto aereo in fatto di sicurezza, mentre la ferrovia, l’automobile e la motocicletta seguono nell’ordine, con la moto nettamente ultima. Anche se queste statistiche hanno un senso e un valore per gli specialisti, come i pianificatori delle politiche dei trasporti o quelli delle agenzie di assicurazioni, per quanto riguarda la gente comune lasciano il tempo che trovano perché (tanto per rimanere nel terminologia meteorologica) esse non collimano con i valori della sicurezza “percepita”. Abituati, come siamo, a raggrupparci o a essere raggruppati in categorie, ci distinguiamo dal punto di vista del mezzo di trasporto che usiamo in “automobilisti”, “motociclisti”, “ciclisti” eccetera, tutti propensi a considerare l’auto, la moto o la bici il mezzo più sicuro; almeno per come noi sappiamo guidarle. Nessun motociclista (fanatico) ammetterà di rischiare la vita più degli altri e, se gli mostrate le classifiche di cui sopra dove la moto è sempre nettamente ultima, vi risponderà che non si tratta di “veri” motociclisti ma di neofiti apprendisti imprudenti. Anche se la maggioranza delle persone (che notoriamente non è composta da motociclisti) è d’accordo con assegnazione dell’ultimo posto delle graduatorie di sicurezza dei trasporti, essa non ritiene valida, contro ogni evidenza statistica, l’assegnazione del primo all’aviazione. A torto o a ragione valgono le seguenti osservazioni: “non mi fido di un mezzo che non guido io, che in caso di guasto (o di errore del pilota o di impatto con uccelli o missili o per fattori meteorologici incontrollabili) non lascia scampo a nessuno e che non mi permette di interrompere il viaggio quando lo desidero”. Ingenuità, forse, ma molto condivise.