E così Alessandra Marzari, presidente del Vero Volley Monza nonché medico di pronto soccorso, è stata sconfessata dal nuovo decreto del presidente del Consiglio che rinnova il “tutti fermi” fino al 13 aprile compreso. Il nuovo decreto, rispetto a quello dell’11 marzo, contiene una clausola restrittiva in più: il divieto di allenamento anche per gli atleti professionisti. La signora Marzari aveva perentoriamente obbligato le proprie atlete alla presenza in palestra per gli allenamenti pena la rescissione del contratto. Serena Ortolani, capitana e schiacciatrice della squadra, non aveva voluto accettare il rischio di contagio e se n’era tornata a Fano, dove abita con il Marito, il CT del volley femminile Mazzanti e la figlioletta.
Da oggi, secondo il nuovo decreto del Presidente Conte, non si potranno allenare gli atleti professionisti, mettendo così fine alle intenzioni di quei presidenti che volevano far riprendere subito gli allenamenti in vista di una possibile riapertura del campionato. Riapertura che, a mio avviso, appare piuttosto remota.“Si vietano gli allenamenti anche degli atleti professionisti onde evitare che delle società sportive possano pretendere l’esecuzione di una prestazione sportiva anche nella forma di un allenamento – ha spiegato il premier Conte -. Ovviamente non significa che gli atleti non potranno più allenarsi: non lo faranno in maniera collettiva ma individuale”. Nel decreto non c’è scritto ma il “in casa loro” è praticamente sottinteso.
Certezze di ripresa degli allenamenti non ce ne sono perché il calcio, come tutta la nazione, è ancora nelle mani del Coronavirus: e Conte non si è stancato di ripetere che i segnali positivi non devono indurre ad abbassare la guardia. Tuttavia la Lega Calcio un progetto per ripartire ce l’ha e segue non solo le indicazioni del governo ma anche quelle dell’Uefa che ha già affermato di voler privilegiare i campionati nazionali rispetto alle Coppe europee. Se non ci saranno ulteriori decreti di rinvio, le squadre di serie A riprenderanno ad allenarsi, con ogni cautela e zero rischi per i calciatori, attorno alla metà di aprile. Conte ha spiegato che il lavoro sul campo è vietato fino al 13, ma il ministro delle Politiche giovanili e dello Sport, Vincenzo Spadafora, qualche giorno fa aveva detto: “nessuno fa niente fino a maggio”. Perciò se la diffusione del contagio non sarà ancora del tutto sotto controllo, è possibile che si slitti di qualche giorno, tuttavia l’intenzione sarebbe quella di ripartire entro aprile.
Il presidente della Federcalcio, Gravina, ha parlato del 20 maggio come dell’ipotetica ripartenza del campionato, data pensata non a caso, perché cadrebbe un mese dopo la ipotetica ripresa degli allenamenti: esattamente il tempo necessario, indicato dai preparatori atletici, perché i giocatori riacquistino una condizione fisica accettabile. Giocando ogni tre giorni, mercoledì e domenica, mercoledì 1.mo luglio si arriverebbe all’esaurimento delle 12 giornate ufficiali ancora mancanti e dei recuperi del 25.mo turno di campionato (Inter-Samp, Atalanta-Sassuolo, Verona-Cagliari, Torino-Parma).
Si tratta ovviamente di ipotesi, sulle quali io nutro qualche perplessità. Innanzi tutto perché Conte ha già fatto capire che nel caso in cui gli italiani accennassero a mollare le briglie del sacrificio, il Governo interverrebbe con un nuovo decreto. Poi perché, di certo, il campionato dovrebbe venire disputato a porte chiuse. Perché il rischio di un contagio di massa metterebbe in ginocchio una Nazione già provata da un virus sconosciuto e terribile. Quel che si sospetta sia avvenuto in Atalanta-Valencia e PSG-Borussia Dortmund è abbastanza indicativo.
E a questo punto voglio riportare il duro sfogo del presidente del Brescia Massimo Cellino, riportato dalla Gazzetta dello Sport: “Il mio discorso si basa innanzitutto su due pilastri: il rispetto della salute e la salvezza del sistema calcio. Dopo aver perso questa stagione, rovineremo anche la prossima che invece sarà decisiva per ripartire. La Uefa valuta di far slittare tutte le date, andando a ‘invadere’ il calendario del prossimo campionato. Non può far slittare nulla: la stagione si deve chiudere il 30 giugno, data di scadenza per la presentazione dei bilanci dei club e dei contratti dei giocatori. Sono arroganti e irresponsabili: pensano solo ai loro interessi economici e alle Coppe. Ma sul campionato italiano non decide l’Uefa, decide l’Italia. Per riprendere, la serie A dovrà terminare entro il 30 giugno. Ci fanno giocare ogni due giorni? O la Uefa ha anche il potere di allungare le giornate e farle diventare di 72 ore? Se vuole fare qualcosa di utile l’Uefa mandasse agli ospedali di Brescia bombole di ossigeno e respiratori, gliene saremmo grati. Qui a Brescia abbiamo i camion che trasportano i morti. Siamo al centro dell’epidemia, quelle proposte sono date tutte sballate”.