Si poteva supporre che a Torino, contro la Juventus, l’Atalanta potesse disputare una buona partita. Ma dopo mezz’ora c’era da sbarrare gli occhi: la squadra di Gasperini dominava in lungo e in largo, 71 per cento di possesso palla, un gol come raramente se ne vedono (scambio Zapata-Pupo Gomez, De Ligt uccellato e messo a sedere con una finta, palla di nuovo a Zapata e gol), bianconeri che sembravano una squadra in lotta per la salvezza invece che la candidata numero uno allo scudetto. È vero che Dybala cercava, spesso invano, di fare gioco. Ed è vero che Cristiano Ronaldo sgroppava sulla fascia sinistra alla ricerca di un passaggio smarcante a qualche compagno oppure per procurarsi lo spazio necessario al tiro. Ed è vero, anche, che Bentancur correva a dstra e a manca nel tentativo di tappare gli enormi buchi che dal centrocampo in su si aprivano davanti a Szczesny, spesso smarrito davanti alle continue incursioni e spesso terrorizzato. Ma quando cercava di attaccare la Juve si è trovata di fronte una squadra che pressava subito, a partire dagli attaccanti, e si difendeva cortissima con tutti gli uomini raggruppati in uno spessore di venti metri. Ovvio che di varchi per i bianconeri non se ne aprissero, perché Dybala dopo il primo dribbling trovava sempre chi lo raddoppiava, idem dicasi per CR7. E i centrocampisti Matuidi e Rabiot mai al limite dell’area in posizione di tiro perché marcati a vista da De Roon, Castagne, Freuler e anche Gomez in continuo sacrificio per la doppia regia, in alto e in basso da vero campione quale sta dimostrando di essere.
Sulle panchine, Gasperini sorridente e Sarri accigliato e in continua, nervosa morsicatura di quel cicchetto che tiene sempre fra le labbra. Si stava accorgendo, probabilmente, che il tecnico dell’Atalanta non solo stava surclassando la sua squadra ma anche stava umiliandolo sul piano della tattica. Perché la Juventus con l’insostituibile, per Sarri, Bernardeschi sulla fascia destra combinava ben poco nel 4-3-3 ideato nella convinzione di poter far male ai bergamaschi. E capitava che, dovendo Cuadrado correre anche per l’ex fiorentino la Juventus si è ritrovata negli ultimi venti minuti con uno dei suoi migliori elementi sfiancato dalla fatica, in preda a un tritatutto come Muriel. In mezzo alla difesa, poi, De Ligt era stato comandato come unico a tener botta a Zapata senza riuscirci troppo se non con le cattive: ciò perché Bonucci era spesso fuori posizione anche perché doveva cercare di contrastare, riuscendoci poco, gli inserimenti di Ilicic, di Gomez e di eventuali centrocampisti.
In queste condizioni di gioco e di configurazioni tattiche appariva chiaro che la Juventus avrebbe potuto segnare solo con colpi di fortuna oppure con un exploit dei suoi fuoriclasse, Dybala e Cristiano Ronaldo. Siccome le squadre forti spesso sono anche fortunate, ecco che la Dea bendata ha voluto tirare un piccolo sgarbo alla Dea bergamasca. Un gomito, abbastanza vicino ma non totalmente, al corpo di De Roon; e una mano di Muriel, colpita accidentalmente dal pallone che Higuain, subentrato nel finale, da un calcio d’angolo cercava di far schizzare verso un compagno sono stati gli atout della Juventus per raggiungere il pareggio sull’1-1 e poi, dopo il nuovo vantaggio dell’Atalanta con Malinovski a dieci minuti dalla fine, sul definitivo 2-2: dal dischetto, con l’infallibile CR7 sull’incolpevole Gollini. Portiere che, fra l’altro, aveva fatto proprio su CR7 la sua unica, grande parata della partita. I due calci di rigore sono arrivati, il primo, quando l’Atalanta, dopo il gran ritmo del primo tempo, ha tirato un po’ i remi in barca lasciando spazio a qualche incursione juventina e, il secondo, quando Muriel (costernato nel dopo partita) non ha pensato di tirar la mano dietro la schiena con quel pallone alto che arrivava dalle parti di Higuain: ma per un attaccante pensare di nascondere le mani non è abituate!
Lo scudetto è ormai segnato, quasi impossibile che cambi strada. L’Atalanta, che è la vera antagonista alla Juventus (non l’Inter e non la Lazio, qualunque sarà il risultato finale del campionato), i punti li ha persi a inizio campionato, ad esempio 3 col Torino e 2 con la Fiorentina. E ha dovuto prepararsi al girone eliminatorio di Champions in cui doveva incontrare anche il Manchester City di Pep Guardiola. Ma forse all’Atalanta sta bene così, perché in Champions, con la presenza garantita anche per la prossima edizione, adesso deve disputare i quarti di finale contro il Psg. E ogni traguardo, per questa squadra – simbolo di una città martoriata da Covid-19 – che gioca sempre per vincere e per divertirsi divertendo, ogni traguardo è possibile.