La giornata campale è terminata con la vittoria della Lazio sull’Inter e con la Juventus che, con CR7 a riposo, ha mantenuto la testa della classifica grazie a una vittoria sul Brescia che senza Tonali e Torregrossa rimasti a casa perché infortunati ha reso, in dieci per l’espulsione dell’ingenuo Ayé, per 74 minuti la vita difficile ai bianconeri in vantaggio grazie a un rigore ben calciato da Dybala. Poi, stremati, i bresciani hanno ceduto al 75.mo all’incursione di Cuadrado lanciato in area da un colpo di tacco di Matuidi. Mi è parsa, però, una Juve stanca, con poche idee quando manca Pjanic (che si è infortunato e probabilmente perderà gli ottavi di champions) e con Rabiot e Ramsey in linea col prezzo pagato per averli a Torino, cioè poco o niente. Si è rivisto Giorgio Chiellini, tornato dopo un lungo infortunio, e questa è una buona notizia per la Juventus che deve badare a champions e campionato.
Battendo l’Inter, la Lazio è a un punto dai bianconeri. Minacciosa e vogliosa. L’incontro è stato quasi una replica di molte partite della Lazio, e cioè in svantaggio nel primo tempo (gol di Young su respinta corta del portiere per un gran tiro di Candreva) e poi in rimonta nella ripresa col rigore di Immobile e il rasoterra in mischia di Milinkovic Savic. La partita è stata avvincente, con la Lazio e menare la danza e l’Inter a sfruttare le ripartenze. Ma i nerazzurri all’Olimpico hanno perso per i gravi errori del portiere Daniele Padelli, dimostratosi inadatto a sostituire Handanovic nella porta di una squadra che mira allo scudetto. L’uscita senza capo né coda (a dir poco) di Padelli in occasione del rigore procurato da De Vrij su Immobile per tentare di rimediare allo sbaglio grossolano del proprio portiere, ha consentito alla Lazio di pareggiare. E poi, su mischia, Padelli si è lasciato passare la palla, che ha visto in ritardo, sotto la pancia gettandosi in un tentativo parata che un portiere anche giovane avrebbe effettuato molto meglio.
Antonio Conte, dopo l’incontro, non ha accusato il portiere esplicitamente, lo ha fatto con molto tatto anche se dal viso trasparivano delusione e rabbia per la sconfitta: “Abbiamo sfalsato la gara subendo due reti evitabilissime, dobbiamo crescere per affrontare certe situazioni con più serenità. Eriksen? Lo stiamo inserendo al meglio, ma non è un singolo a cambiare la squadra”.
Penso che la sconfitta abbia origini nel mercato di gennaio. Antonio Conte ha giustamente pensato che sul mercato di gennaio avrebbe potuto rinforzare la rosa nerazzurra e la società gli ha portato Eriksen, Young e Moses, tre elementi di grande qualità. Ma non ha pensato ad un altro ruolo determinante, quello del portiere. Impossibile che i tecnici dell’Inter non sapessero delle lacune di un portiere come Daniele Padelli, ormai pronto più per la pensione che per una porta di calcio. Ed è impossibile che non abbiano valutato l’altro portiere, il trentasettenne Tommaso Berni, che in sei anni di permanenza all’Inter non ha giocato neppure mezza partita di campionato. Di conseguenza, io ritengo che avendo Ionut Radu a disposizione, mandato ad Avellino e poi due anni al Genoa dove ha giocato da titolare per farsi le ossa, e poi prestato al Parma nello scorso gennaio per l’arrivo di Perin fra i rossoblu liguri, l’Inter avrebbe dovuto tenerselo in casa e non fargli fare la riserva anche nella squadra Ducale.
Infine, senza Radu l’Inter ha inserito nella lista Uefa per le prossime partite di Europa League come terzo portiere il diciottenne Filip Stankovic, figlio di Dajan ex colonna nerazzurra. Non ho mai visto giocare Filip, ma le sue referenze sono piuttosto buone. E allora perché Antonio Conte, dopo i due gol disastrosi subiti da Padelli nel derby, non ha pensato di imitare Sinisa Mihajlovic che fece debuttare in serie A, contro il Sassuolo, a 16 anni e 8 mesi. Probabilmente Conte ha pensato di non poter correre il rischio di far debuttare un diciottenne in una delle due partite più importanti della stagione. Probabilmente, adesso si starà mangiando le mani per non averlo fatto. Il calcio è anche coraggio, una sorta di “quando ci vuole ci vuole”. Perché senza coraggio un obiettivo resta sempre aleatorio.
Devo poi concludere con una domanda: perché finora Conte ha fatto sempre partire Eriksen dalla panchina? Lui dice che ancora ha bisogno di adattarsi, io dico che all’Olimpico è andato per difendersi e non per imporre il proprio gioco. Perché Eriksen vale due volte Vecino, e con il danese in campo sarebbero gli avversari a doversi preoccupare. Non è neppure questione di preparazione fisica, perché Eriksen arriva dalla Premier, in cui giocava col Tottenham di José Mourinho che non avrebbe voluto vederlo partire.
Per dare a Cesare quel ch’è di Cesare, dirò allora che Antonio Conte è un ottimo allenatore, ed è quel che ci voleva all’Inter dopo il poco ottenuto da Spalletti. Ma dico anche che Conte ha le proprie idee alle quali non deroga per nessuna ragione. Anche quando sarebbe la… ragione ad imporglielo.