L’avvocato esperto di diritto sportivo Mattia Grassani sul sito calciomercato.com sostiene che Antonio Conte dopo le dichiarazioni di sabato sera, dopo la vittoria a Bergamo, rischia il licenziamento per giusta causa. Deve aver tratto spunto, condividendolo, da quel che ho scritto ieri mattina nella sezione calcio e sport del mio giornale online www.crisalidepress.it dove ho sostenuto la stessa tesi. O se non ha letto, il fatto sarebbe evidente anche a un comune lavoratore di una qualunque azienda italiana. Detto questo, le parole di Conte hanno scatenato sui media e sui siti una valanga di pretese di licenziamento da far suscitare che il tecnico pugliese sia un bersaglio per colpire il quale si attendeva la distanza giusta. L’avvocato Grassani, e modestamente il sottoscritto, abbiamo usato il verbo “rischiare”. Perché Conte, nella sua esposizione dei fatti qualche ragione ce l’ha e un buon avvocato non faticherebbe a tirarla fuori davanti a un giudice.
Ho riflettuto parecchio su questa vicenda e ho concluso che lo sfogo di Antonio Conte sia stato originato da due fatti fondamentali: la voglia di battere la Juventus nella corsa allo scudetto; la convinzione di aver fallito il suo obiettivo per la stanchezza della squadra dovuta a un calendario che la Lega Calcio ha varato obbligando l’Inter a giocare ogni tre giorni mentre la Juventus e la Lazio riposavano quasi sempre un giorno di più. Fatto da addebitare, non solo nella convinzione di Conte, al consigliere federcalcio inserito in Lega Beppe Marotta, amministratore delegato della società nerazzurra. Io penso, e non ne ho mai fatto mistero, che Conte in certe partite (quelle casalinghe col Bologna e col Sassuolo) non abbia avuto coraggio. Ma questo è un fatto mio personale, condivisibile o non. Mentre invece è incontrovertibile il fatto che Beppe Marotta abbia ceduto nella stesura del calendario al fatto che l’Inter dovesse giocare più spesso delle sue avversarie. Questo perché Marotta aveva chiesto di recuperare la partita Inter-Sampdoria, rinviata per Coronavirus, prima della sfida con la Juve che, in un primo momento, era stata rinviata al 13 maggio dalla Lega Calcio insieme con altre quattro partite e poi, per decisione del presidente Dal Pino, fatta giocare il lunedì a porte chiuse. Una decisione che aveva suscitato numerose perplessità perché se il 23 febbraio erano state annullate dalla Lega per Coronavirus le partite in Lombardia, Veneto e Piemonte perché l’8 marzo venne fatta giocare a porte chiuse Juventus-Inter e non rinviata, come in un primo momento era stato fatto, come le altre? Addirittura la Lega avrebbe voluto che la partita fosse giocata col pubblico ma senza quello che poteva arrivare dalla Lombardia. Proposta ovviamente rifiutata da Marotta e ordine della Lega di giocarla il lunedì a porte chiuse.
Probabilmente non è questo il motivo per cui Conte ha addossato alla società la carenza di difesa della squadra. Probabilmente a farlo andare su tutte le furie è stato che, nella stesura del calendario che riprendeva il campionato non il 13 maggio ma il 22 giugno, i recuperi delle partite saltate causa la pandemia erano stati stabiliti con Torino-Parma e Verona-Cagliari il sabato 20 giugno e il giorno dopo Atalanta-Sassuolo e Inter-Sampdoria: in questo modo l’iter dell’Inter avrebbe ripreso il campionato avendo giocato una partita in più della Juventus e quindi a intervalli minori. E, in effetti, l’aritmetica di Conte dopo la vittoria di Bergamo era così aggiornata: l’Inter aveva giocato 7 volte ogni 3 giorni; la Juventus 5 volte ogni tre giorni, 5 volte ogni quattro giorni, e 1 volta ogni 5 giorni; la Lazio, pressappoco come l’Inter con 7 partite ogni tre giorni, 3 ogni quattro giorni, 1 ogni cinque giorni.
Ecco il motivo scatenante che ha indotto Conte ad accusare la società, chiedendo di parlare col presidente Zhang al suo ritorno dalla Cina: essersi accorto che la Juventus era andata in crisi nonostante il calendario meno dispendioso e se l’Inter non avesse avuto gli infortuni che ha avuto giocando molto più spesso ogni tre giorni nella convinzione del tecnico nerazzurro lo scudetto avrebbe preso una direzione diversa. Cosa, forse, che Conte pensava sin dall’inizio della sua avventura all’Inter, chiamato proprio da Beppe Marotta. I due, si sussurra nell’ambiente, detestano la Juventus ed è per questo che l’ultima dichiarazione di Conte fatta all’Ansa è distensiva: “Ho sposato un progetto triennale con l’Inter e come ho sempre fatto nella mia vita lavorerò duramente e mi batterò con tutte le mie forze e con tutto quello che è nelle mie possibilità affinché sia un progetto vincente”.
Chi conosce bene Conte, per esempio Lele Oriali, parla di lui come il meglio degli allenatori in circolazione. Con il suo carattere, con i suoi difetti ma anche con i moltissimi pregi. Ed è per questo che l’Inter deve superare le polemiche, magari chiedendogli di pagare una multa, e tenerselo ben stretto. Mentre Antonio Conte deve rendersi conto che l’Inter è fatta così, non è la Juve dove tutto si mette a tacere. L’Inter è un po’ froufrou, un po’ civetta, come la Milano della moda: dove si parla molto, ci si sfida, ci si confronta. Ma dove alla fine ci si capisce e ci si vuol bene.