Il vice-presidente dell’UEFA, Michele Uva, ha confermato le misure che la federcalcio europea sta provando ad adottare, dando priorità ai campionati e inserendo la possibilità di slittare oltre il 30 giugno. “Chiunque indichi in questo momento una data lo fa o in maniera emotiva o perché spinto dall’individuare un vantaggio – ha dichiarato Uva -. Non è possibile dare una risposta. Chi dà risposte adesso vuol dire che non è ancora padrone della realtà che ci circonda. All’Uefa siamo tutti consci della gravità della situazione. Contesto chi dice che ci siamo mossi tardi, abbiamo cercato l’unanimità il 17 marzo e l’abbiamo trovata grazie al lavoro che precedentemente avevamo fatto. E per essere efficaci occorre muoversi in maniera univoca e armonica – ha continuato il vicepresidente -: la forza e la leadership del presidente Ceferin è stata evidente. Magari ci fosse stato questo atteggiamento da parte dell’Europa”.
Poi Michele Uva ha parlato degli Europei slittati al 2021: “Faremo un sacrificio economico e organizzativo, ma la Uefa ha riserve di flessibilità, redditività e difesa finanziaria per fronteggiare e attenuare i danni provocati dal Covid 19. Sia gli Europei delle ragazze sia quelli Under 21 verranno collocati in altre finestre che consentano alle rispettive manifestazioni di godere della giusta attenzione. L’Europeo femminile si svolgerà in Inghilterra”.
L’Uefa ha dato priorità al completamento dei campionati nazionali ovviamente con l’integrazione delle finestre per concludere le Coppe europee. La commissione Uefa, Eca e EL ha sul tavolo diverse soluzioni per lavorare armonicamente anche con opzioni di sforamento di date. Tutte le formule sono possibili. “La risposta l’avremo – ha spiegato Uva – quando riprenderanno i campionati nazionali. Non abbiamo ragionato in maniera egoistica mettendo in prima fila le coppe internazionali”.
Infine un giusto monito per chi, eventualmente, ha già pensato di sforare il Finalcial Fair Play approfittando dell’emergenza Coronavirus e, ovviamente, disponendo del danaro per farlo. “Una cosa è certa – ha sottolineato Michele Uva – : il Financial Fair Play e i sistemi di controllo ci saranno e non saranno congelati. Non verranno cancellati anche se potranno essere adottati degli aggiustamenti per fronteggiare lo tsunami che ha travolto il mondo e quindi anche il calcio. Sempre con trasparenza, condivisione e unità”.
IL CALCIO ITALIANO RIVUOLE LA PUBBLICITA’ SULLE SCOMMESSE (VIETATA DALLA LEGGE)
Intanto in Italia è da registrare, secondo Sportmediaset, un “no” del presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, al fatto che qualche giocatore possa lasciare la città per tornare ai propri rispettivi paesi d’origine. Come ad esempio, più recentemente, hanno fatto anche alcuni giocatori dell’Inter, tutti col permesso della società: dopo Brozovic (tornato a Zagabria dopo il terremoto) e Handanovic, infatti, sono tornati a casa Lukaku, Young, Godin, Moses ed Eriksen. Difficile capire quel che ha in testa De Laurentiis visto che cambia spesso opinione, impuntandosi fra laltro anche su questioni di semplice soluzione: come appunto il desiderio dei giocatori stranieri di tornare a casa. Se non sono positivi e non hanno problemi di quarantena, perché dire di “no”?
Più in generale calcio italiano studia come ripartire: secondo La Gazzetta dello Sport, verrà chiesto al Governo di cancellare la norma presente nel Decreto Dignità, la quale impedisce pubblicità e sponsor delle aziende legate alle scommesse. E qui, il calcio italiano esagererebbe nelle richieste. La pubblicità sulle scommesse è vietata dalla legge, non vedo perché il calcio debba fare eccezione. I presidenti si debbono convincere che giocatori, allenatori, dirigenti e loro stessi debbono darsi una ridimensionata su cartellini, ingaggi e stipendi. Non sarebbe comprensibile vedere in Italia, dopo la crisi, gente che suda le classiche sette camicie per portare a casa uno stipendio mentre la gente del calcio continua a vivere come nababbi. Non dico azzerare dico calmierare. E ciò vale anche per i prezzi di abbonamenti e biglietti, pena il rischio di vedere gli stadi vuoti. E non per paura di contagio.