C’era una volta la F.1 dove al centro dell’attenzione c’erano i piloti e le sfide al volante delle monoposto. Poi i tempi sono cambiati e la gestione del mondiale è finita nelle mani di un gruppo made in Usa, Liberty Media, dove al primo posto c’è un obiettivo: guadagnare. Non che con la vecchia gestione di Bernie Ecclestone l’aspetto economico fosse secondario, anzi. Se team e manager ma anche piloti, sono diventati ricchi e protagonisti dello star system lo si deve proprio alla visione denarocentrica, se si passa il termine, del buon vecchio Bernie.
C’erano però dei punti fermi: i piloti dovevano fare i piloti e le squadre dovevano fare le squadre. In pista, possibilmente. Adesso le cose sono cambiate e l’avvio del mondiale F.1 2022, corso domenica in Bahrain, ha sancito il punto di svolta di una visione complessiva che con la vecchia F.1 non ha nulla che spartire e in questo è complice anche la clamorosa doppietta della Ferrari, che è tornata alla vittoria con Leclerc e Sainz dopo 910 giorni di astinenza dal successo (GP Singapore 2019). Cosa è successo? E’ successo che le conferenze stampa coi piloti sono state spostate al venerdì mattina, due ore prima delle prove. Che senso ha intervistare uno se due ore dopo tutto quello che dice può essere smentito? E il titolo sui giornali li fai con quanto detto al mattino (ammesso sia clamoroso) o col risultato della giornata? La risposta ha lasciato basiti: “Vogliamo una F.1 aperta al life style e al fashion, alla stampa glamour non di settore”. Bene, ma siccome per ora di questa stampa nel paddock non c’è traccia, perché fare una cosa inutile, a detta persino delle squadre. “Perché il nuovo mondo dei tifosi vuole così”. E chi sono questi nuovi tifosi? Sono quelli attratti da Drive to Survive, la serie andata in onda su Netflix e che ha fatto imbestialire tanti nel paddock.
Da Hamilton al campione del mondo Verstappen, da Toto Wollf alla stessa Ferrari. La narrazione stile fumettone ha stravolto la realtà ma ha permesso a chi era digiuno di F.1 di appassionarsi a una telenovela, non a un fatto sportivo. E la cosa ha attirato chi vuole investire e cerca nuovi tifosi. Risultato? Le dieci squadre di F.1 stanno vivendo un momento d’oro. Gente che fino all’anno scorso pativa la fame (relativa, ovviamente) adesso vende gli spazi a caro prezzo. E qui interviene Stefano Domenicali, l’artefice di tutto ciò nella sua veste di ceo di Liberty Media: “Abbiamo reso attraenti e redditizie le squadre, c’è fuori la fila di sponsor che vuole entrare e di investitori che vogliono comprare quote”. E così uno spazio su una macchina di F.1 che veniva venduto a 1 milione di euro, scontato a 800 mila pagabili a rate, adesso viene rifiutato a 5 milioni di euro. Chiedere a Mercedes che una pecetta da 5 centimetri per 20 la posiziona sul fondo e a meno di 5 milioni non ti passa nemmeno la colla per attaccarla. Anni fa 5 milioni li aveva pagati la Geox per vincere il mondiale con Vettel e Red Bull con una posizione visibile (abitacolo) e grandezza quattro volte maggiore. Oggi non la prenderebbero nemmeno in considerazione. E lo stesso dicasi di chi vorrebbe entrare in società e va patendo contatti a destra e a manca. I milioni vengono rifiutati.
Jost Capito, team manager Williams, una squadra che chiude i cancelli la domenica sera a gara finita: “Cedere quote? Ma nemmeno per idea, non vendiamo niente”. Visto che la proprietà è di un fondo di capitali made in Usa, rifiutare certe offerte fa capire che si punta al massimo. Ovvero vendere in blocco a un grande costruttore. E così, in attesa di Audi e VW, il paddock sembra uscire dal romanzo di Dino Buzzati, il deserto dei Tartari. Tutti in attesa di questo assalto alla carovana di F.1 ma questo assalto non arriva mai. E nel frattempo, tutti a tenersi strette le quote in attesa di venderle a caro prezzo. E se l’assalto non dovesse arrivare? Che importa: Netflix e la sua realtà virtuale ha attirato chi vuole spendere e far guadagnare e con le azioni che salgono al Nasdaq (53,93 dollari con un rialzo di 1,23 per cento dalle 12 alle 16 con una capitalizzazione di 30,24 miliardi di dollari, più 67,27 per cento di fatturato in un anno nonostante una perdita di 149 milioni dovuta alla pandemia) la doppietta Ferrari, il mondo fashion e life style ha trovato il suo terreno fertile. C’era una volta la F.1…
Un super commento