Com’è risaputo, Maria Grazia Chiuri, per l’ultima collezione Dior, ha ricordato gli anni 50 e tre suoi personaggi: Catherine Dior, sorella di Christian Dior, Edith Piaff e Juliette Greco. Juliette, che ricordo…
Nei primi anni ’50, giovanissima, vincendo l’opposizione soprattutto materna, riuscii ad andare a Parigi: al tempo, un gran viaggio.
Mentre Francoise Sagan sfrecciava sulla Croisette, ricca del successo riportato con “Bonjour Tristesse”, e Brigitte Bardot suscitava ammirazione (incondizionata, da parte maschile) e commenti con i primi bikini sulla Costa Azzurra, nella Ville Lumière Sartre, Simone de Beauvoir, Cocteau,Camus, Malreaux, Prèvert, destavano tutto il mio interesse (anche se i seguaci di Kierkegaard volevano essere antifilosifici ed anticulturali), e mi recavo in St. Germain-de-Prés, sperando di vederli al caffè Flore, o al Les Deux Magots. Ricca di voglia di fare, di conoscere, riuscire, sognavo di intervistarli. Così come Juliette Greco, “musa” delle Caves. Riuscii, al Deux Magots, avvicinando con un sorriso Sartre e Simone de Beauvoir, Cocteau ad una sfilata (sì, ad una sfilata!) da Dior Juliette mentre arrivava al “Tabou”.
Il viso dai lineamenti aggressivi, una grinta notevole, indossando quel maglione nero a collo alto e quei pantaloni pure neri che divennero quasi una divisa, cantava: la sua voce bassa, intensa, seduceva con “Les feuilles mortes”,”Si tu t’immagine”, “ L’eternel féminine”, “Pigalle”, “Amour perdu”, “Les enfants qui s’amusen”…In quella Parigi che, nel dopoguerra, rappresentava un mondo artistico-intellettuale unico, punto d’incontro essenziale per la cultura. E chi non ammirava la “musa” dell’esistenzialismo francese, la regina delle Caves di Saint-Germain-de-Prés, allieva prediletta di Sartre, interprete di Prévert?
Il naso “rifatto”, l’abito – nero sempre- che sostituiva pantaloni e maglione, già anche diva del grande e piccolo schermo (i giovanissimi erano “fans” di “Belfagor”) dopo molti anni incontrai ancora -sempre a Parigi- l’ex sacerdotessa del beatnik : non al Flore, non sulla Rive Gauche, ma ad un cocktail-champagne al Plaza, per l’inaugurazione di una mostra di gioielli-scultura.
Non senza curiosità, attesi quindi l’ultima versione di Juliette Greco, musa-mito-artista. Personaggio sempre.
Sottile e scattante, i grandi occhi ombreggiati da lunghe ciglia finte, i capelli alle spalle leggermente ramati, l’abito nero lungo (di Saint Laurent!) questa quasi sessantenne nata nel segno dell’acquario, era ancora più attraente di tante ventenni: con quella “allure”, quella personalità e quella scuola di grandi cantanti che “recitano” le canzoni : da Chevalier a Montand, a Brel – e non dimentichiamo la Piaf- dotati del medesimo fascino, seducenti più di tanti bellissimi.
Al termine del suo recital (“C’est-ci-bon”, “Paris canaille”…e, naturalmente, “Mon homme”) mentre il pubblico, dopo il più religioso silenzio -via via avvinto e coinvolto non soltanto dalla voce ma dal movimento delle mani, espressivo come gli occhi, come il corpo- le tributava gli applausi più calorosi, chiedeva il bis.
Non quella che per fare spettacolo deve mangiarsi le parole o renderle un birignao incomprensibile, oppure urlare; non quella che si sente tanto primadonna da abbandonare tutto e tutti non appena terminato il suo show, ma sorridente malgrado l’inevitabile stanchezza, il viso un po’ pallido, gli occhi un po’ cerchiati sotto le luci cocenti dei riflettori, ecco Juliette mentre -disponibilissima, nonostante non sia facile, con il pubblico che la circonda, le chiede autografi- che risponde alle mie domande.
Qual è, oggi, la cosa più importante per lei?
“L’amicizia. Anche nell’amore: fare l’amore senza amicizia è soltanto sesso”
E l’amore, perciò, cosa rappresenta?
“Tutto! Tenerezza, generosità, saper ascoltare la persona che ti è vicino”.
E’ sempre innamorata?
“No. Ma quando mi innamoro è una cosa seria. Amare è come cantare:dare, ricevere”.
Lei dà tutta se stessa, anche nel canto…
“Sì, è vero. E niente fa risplendere, rendere bella una donna come quando dà tutta sé stessa, come quando ama”.
Ritiene la bellezza importante?
“Molto!
I testi di Prévert, di Apollinaire…E Sartre: come lo può ricordare?
“Un uomo meraviglioso, generoso, ricco di “sense of humour.”
Simone de Beauvoir?
“Una donna eccezionale: bella, e intelligente. E trovavo bello anche Sartre, pur se tanti dicevano che era brutto: la sua bellezza interiore lo faceva risplendere. Per questo anche Simone è straordinaria”:
La bellezza interiore, ciò che “abbiamo dentro”. Esteriormente, nonostante la celebrità, lei non è molto cambiata: anche se ha sostituito il maglione con la tuta di Sophia Rilke, e l’abito di Saint Laurent, E forse ha ancor più fascino. Ma “dentro”, com’è ora?
”Niente può far cambiare del tutto una persona, ciò che ha alla base. La celebrità può portare l’”argent”, ma per me non è assolutamente tutto, non è la mia massima aspirazione: anche se riconosco che è molto utile, per me, per le persone che lavorano con me (e credo per tutti…).
Trova molto diversi i ragazzi d’oggi da quelli delle “Caves”?
“Oggi fanno anche cose assurde, ma in molti casi tentano di non cedere i loro ideali, desiderano cose buone, una vita vera, ma per avere questo devono abolire la violenza”.
Ha riposto in un cassetto la Juliette del “Tabù”?
“No. Al pubblico posso dare anche oggi quello che davo allora. E proprio il pubblico è stato, ed è, ciò che vi è di più importante nel mio lavoro”.
Come a quei tempi, veste sempre di nero. E di una semplicità estrema: dalla tuta per giorno al lungo per sera”.
“Sì, per avere per ogni occasione, per ogni momento, l’atteggiamento adeguato, e l’abito adeguato a questo. Come lei ha detto, di giorno vesto Sonia Rilke, di sera Saint Laurent. La semplicità mi si addice, è quella che sento. Il ricostruito, il ricercato, è per le giovani”voyantes”. –
E’ vero che si trucca, sempre, per tutto il giorno?
“Sì. Come ha sentito, tengo il maquillage sul viso anche quando dormo, pur se è contro ogni regola, ho cominciato a truccarmi per lavoro: sono passati trent’anni, e non ho più smesso…”
Progetti?
“La pubblicazione di un libro”.
Sulla sua vita?
“…e sull’amore”.
Ancora e sempre l’amore. Avrei desiderato chiedere alla ragazza del “Tabu”, delle caves, alla donna che ancora canta, dice, scrive l’amore, se conosce la giovinetta -sua omonima-protagonista di un dramma di Shakespeare: con quel suo amore così gioioso, e così triste, così disperato e drammatico. Ma il pubblico si era fatto più pressante, più insistente. E Juliette, affatto diva, aveva un sorriso ed una risposta per tutti.
Oggi,Juliette Greco, può essere annoverata fra quelle donne eccezionali che ho definito “pantere bianche”. E’ mancata nel 2020, a 93 anni, e fino ai 90 si è esibita in recital di gran successo. Non dimenticando l’amore: quell’amore che la portò ad avere una intensa relazione con Miles Davis nel’49, e tre matrimoni: con gli attori Philippe Lemaire nel ’53 (durato tre anni) e Michel Piccoli (durato 11 anni); e infine, nell’88 col compositore-pianista Gérard Jouannest, durato fino alla sua scomparsa. Trent’anni di un matrimonio che, indubbiamente poteva durare anni ancora, data l’intesa che vi era fra loro: Jouannest, ricordiamo, fu autore (o co-autore) di canzoni di Brel, e di molti successi di Juliette , che accompagnava al pianoforte nei suoi concerti. Con amicizia, tenerezza, generosità. E amore, è ovvio.