Se n’è andato a Neuilly, a pochi chilometri da Parigi, nell’American Hospital dove era stato ricoverato non importa per quale malanno, Covid o altro: diciamo per i suoi 98 anni ( che ovviamente di malanni ne comportano molti…. ). Forse è la cosa che gli è dispiaciuta di più: non aver chiuso gli occhi nella sua Parigi. E lo dico perché di questo parlammo insieme in un giorno lontano , quando tra le frasi che si bittano là quando ci si è appena conosciuti, c’è stata una sua immagine di Parigi incantata, ammirata, amata: “più che francese (o italiano come sono – ero – per nascita) – mi aveva detto quasi confidandosi – io mi sento parigino. E’ qui che , quando avverrà , vorrò chiudere gli occhi.”
Inutile tracciare a storia dell’italianità di Cardin (nato nel Veneto a Sant’Andrea di Barbarana 98 anni fa), perché è la cosa che di lui viene indicata immancabilmente come punto di partenza di un’avventura umana che ormai appartiene alla storia non solo della moda ma dell’arte occidentale di questo nostro tempo.
“A darmi una mano è stato senza dubbio il mio cognome che in Italia si legge Cardin con la i bene individuata , ma in Francia si legge immediatamente con la desinenza pronunciata “en” e quindi nessun problema che potesse infastidire o intenerire eventuali interlocutori sensibili alle “origini”.”
Eravamo alla fine degli anni Sessanta: lui, Pierre Cardin quarantaseienne, già famoso come creatore di una moda dirompente, rivoluzionaria, bellissima e “democratica”, autore di quell’abito a bolle , il “Bouble-Dress” definito la grande invenzione e lanciato in tutto il mondo; io alle prime armi come giornalista di moda, per il giornale con il quale collaboro ancora oggi, Il Gazzettino , per il quale avevo iniziato le mie relazioni di moda da qualche anno. L’occasione di quell’incontro ravvicinato fu – nel la primavera del 1970 – l’invito per una sfilata di moda dello stilista che sarebbe stata presentata nel nuovo Espace Cardin, un “teatro” che Cardin aveva voluto realizzare per farne uno spazio non solo teatrale ma per concerti, eventi, conferenze, mostre, sfilate, in Avenue Gabriel, numero 1, sempre nel quartiere che dai Giardini dell’Eliseo conduce in Faubouirg St. Honorè (dove Cardin possedeva già proprietà immobili e negozi per un’area che superava quella dell’Eliseo).
Mi aveva incuriosito il posto “quasi d’onore” al quale non ero abituata lavorando per un giornale considerato “regionale” e quindi secondario ai nazionali e internazionali che presenziavano come testate per la moda nei diversi paesi. Prima fila, centrale: perché? Fu nel corso della colazione piacevole e riservata a poche persone che ebbi modo di conoscerlo in voce, di scambiare qualche parola, non ultima la mia sorpresa per il suo trattamento privilegiato. “Il me fait plaisir, mais….attenta!!!!” – mi disse con una voce quasi soffiata, leggera, sproporzionata alla sua allure di uomo alto, robusto, dall’aspetto “forte ” – perché nella sua domanda – madame….Boccardi? – c’è anche la risposta alla sua meraviglia: tipico atteggiamento veneto che contrasta con l’usuale far finta che tutto sia normale, per diritto divino. Altri al suo posto non mi avrebbero mai rivelato meraviglia per essere trattati da “ posto d’onore “ (che quasi ognuno ritiene sempre di meritare) . Mi piace. Allora le rivelerò che quel posto io l’ho fatto assegnare a un giornale che si pubblica in Italia, e nel mio paese d’origine. Un vezzo, com’è un vezzo aver voluto questo teatro che non corrisponderà mai in resa finanziaria alla spesa che ha richiesto ma che è un mio divertissement culturale, è il raggiungimento di un obbiettivo che avevo in cuore da sempre: uno spazio solo mio per tutta l’arte del mondo”.
Non fu l’inizio di un’amicizia perché avemmo poche occasioni di incontrarci personalmente , visto che lui, prima cacciato dalla Chambre Sindycale che organizzava gli eventi moda per aver portato la firma di uno dei membri della Camera nel mondo plebeo del pret-a-porter nei grandi magazzini con la cessione della sua collezione ai Magazzini Printemps di Parigi , poi rientrato nell’organizzazione, per poco , deciso a non presentare la collezioni nelle formule adottate collettivamente , era uno dei molti stilisti che dovevo seguire nei luoghi deputati nelle giornate parigine della moda . E lui di proposito sceglieva data e location diverse e lontane. “Io non presento in quelle manifestazioni “di gruppo” – disse un giorno rispondendo a una mia intervista – non per alterigia ma semplicemente perchè non voglio essere copiato”.
Ormai era non solo uno dei massimi talenti riconosciuti per la moda nella quale aveva portato il ritmo incalzante della geometria , ma era il Paperon dei Paperoni per le ricchezze accumulate, era un miliardario che non ostentava ricchezza, solo progettava reinvestimenti, iniziative, opere da incentivare. La sua stessa vita privata non esibiva grandezze: poca servitù, solo l’indispensabile, talvolta farsi un uovo al tegamino da solo lo appagava. “Quello che guadagno lo dedico alla possibile realizzazione dei miei sogni che sono tra arte, spettacolo e umanità. Non posseggo “macchina”, quelle che conferiscono status, né yacht, né aerei personali : viaggio in voli di linea . Non ho vizi. Conosco quasi tutti i musei del mondo, amo l’arte , la musica, la moda. Dovrò trovare il tempo per leggere …”.
Non cordiale ma empatico ,pronto a un sorriso magari tirato ma non negato, uomo di carattere che ricorda la tenacia che da sempre si configura con un DNA veneto , confermata anche dalla scelta coraggiosa della sua famiglia che emigrò dopo la crisi profonda lasciata dalla grande guerra del ’15-’18 in terra veneta (è falsa la assegnazione – presente in molti scritti sullo stilista, ma mai da lui pronunciata) della partenza dall’Italia per motivi di intolleranza politica perché i Cardin lasciarono il paese in anni in cui il Fascisamo non era ancora arrivato al potere. Non c’era simpatia per Mussolini in famiglia e Pierre è cresciuto con una educzazine democratica confermata dal clima respirato da ragazzino in Francia. “Mi hanno punito perché sono un socialista della moda” – ebbe a dire , riferendosi alla furiosa accoglienza riservata dai Francesi alla sua decisione di portare la sua moda nei grandi magazzini a disposizione anche del ”popolo”. “Perché un vestito importante dovrebbe essere indossato solo da una signora agiata? La bellezza è a disposizione di tutti”.
L’ho rivisto a Firenze, anni fa, in occasone della consegna del Premio assegnatogli da Pitti, uno dei miiliardi di premi che però Cardin accettava sempre con quella semplicità , quell’umiltà intelligente che è solo dei grandi che non hanno bisogno di conferme per qualcosa che sono consapevoli di possedere. L’ho visto solo di sfuggita accompagnato dal nipote Rodrigo Basilicati ( che ebbi occasione di conoscere come amico di mio figlio vari anni fa): un giovane attento, bravissimo pianista che ha lasciato l’arte per seguire da vicino questo zio famoso, difficile e amatissimo.
Le donne? Dopo la delusione per la morte di Andrtè Oliver (che gli fu socio, compagno, amico, cosigliere … e di più…) fin dall’inizio della sua fortuna, Pierre Cardin, l’uomo che piaceva tanto alle donne (modestamente persino a me!”) ma che in un primo tempo alle donne riservava solo l’attenzione per il guiardaroba, scoprì il fascino femminile e si innamorò – ricambiatissimo – di un ‘attrice famosa, Jeanne Moreau, donna bellissima, con la quale condivise cinque anni di vita insieme, conservando anche dopo l’addio amoroso un’amicizia che durò fino alla fine della vita di Jeanne. Non solo creatore di moda, (venne ricordato anche come l’autore del famoso abito nero dei Beatles a collo -guru), fu imprenditore, inventò marchi per mobili, oggetti d’arredo, bianheria, alimenti speciali, dolci, profumi. Divenne famoso anche per la sua villa “a bolle” sulla Costa Azzurra, non lontana da quel castello appartenuto al Marchese de Sade che Cardin acquistò per farne un itinerario culturale nella letteratura del mistero custodita da quelle mura, uno spazio da destinare a eventi speciali, incontri, conferenze. Sarà ricordato anche per i ristoranti , primo fra tutti “Chez Maxim’s” in rue de Rivoli, il cui nome volò ben presto da Parigi a Pechino, a Shanghai, accompagnandosi anche ai fasti suggeriti dalle sfilate spettacolari organizzate per la prima volta sulla Muraglia cinese, o nella Piazza Rossa di Mosca . Con Cardin il mondo perde un artista a tutto tondo, un artista anche della propria vita. L’inventore di una moda che per la prima volta portava la geometria ln passerella, tagli, vuoti sapienti, asimmetrie, il gioco delle bolle . Si dice – ma lui non lo confermò mai direttamente – che l’acquisto di Chez Maxim’s sia stato deciso da Cardin dopo che era stato invitato a lasciare il locale perché sprovvisto di cravatta e giacca. “E io ti compero!” avrebbe detto guardando l’insegna a caratteri Belle Epoque che domina rue de Rivoli. . Un po’ quello che sarebbe accaduto a Mariuccia Mandelli (Krizia) quando subì un affronto in un hotel di Barbuda (isola dei Caraibi) e infuriata disse: “ Domani ti compero”. E cos’ fu.
Grattacieli, palazzi, montagne, laghi, non ha comprato il mare ma se fosse vissuto ancora, …forse… avrebbe potuto comprare la laguna di Venezia e magari … con quel piglio imprenditoriale da grande pioniere d’antan. sistemarcela a dovere.
Ciao vecchio Pierre, uomo bellissimo e fascinoso , ricco per il piacere di poter creare, fare, mai solo per possedere o per l’aborrito gioco del potere. Io, Pierre, ti ricordo così.
Complimenti Luciana, bellissimo ritratto, senza retorica, smancerie e luoghi comuni, immancabili nei coccodrilli.
Che ricordo meraviglioso!
Grazie per averlo condiviso.
Con stima,
Emanuela
Grazie, cara Luciana, per questo fantastico ritratto di Pierre Cardin, restituendoci, cosi’, il suo animo di spirito felice.😀