Quest’anno ricorre il novantesimo anniversario della registrazione del brevetto “Pneumatico per autovettura senza camera d’aria”, comunemente chiamato “tubeless”, depositato da Michelin nel 1930. Non mancano le rivendicazioni di altre società, o di singoli inventori che se ne attribuiscono la paternità, ma ciò ha un’importanza relativa in quanto solo dopo la metà degli “anni 50” i tubeless incominciarono a essere montati di serie in primo equipaggiamento sulle vetture. Il motivo di questo lungo periodo di gestazione è presto detto: in realtà “il” (per alcuni “lo”) pneumatico senza camera (d’aria) non funzionerebbe se non fosse abbinato ad un cerchione metallico opportunamente sagomato (“cerchio tubeless”) e dotato di un foro per alloggiare una valvola “a tenuta” anch’essa di tipo speciale (“valvola tubeless”). Questo per dire che se l’idea è del 1930, c’è voluto un quarto di secolo per realizzare quella che potremmo definire una “ruota con pneumatici tubeless” (o “ruota tubeless”, in breve). Nel frattempo le “gomme” hanno cambiato la loro struttura interna passando da “diagonali” a “radiali” e più in particolare dall’avere sotto il battistrada una cintura tessile ad averne una metallica; tutte trasformazioni che hanno facilitato l’abbandono della classica camera d’aria, che oggi è già meno frequente anche sulle motociclette e perde di popolarità persino sulle biciclette. Rimane nei fuoristrada, dove nell’uso estremo, può verificarsi un danneggiamento del cerchione, non più in grado di “lavorare da tubeless”, con perdita immediata della pressione. Pur non essendo percepito, l’avvento del tubeless ha segnato la fine dell’epoca delle “vecchie ruote” e l’inizio di quella delle “ruote nuove”, quelle senza camera d’aria. È noto che le “gomme di una volta” potevano addirittura essere montate e smontate a mano, con l’aiuto di un paio di leve opportunamente sagomate (comunque roba da specialisti), ma per i tubeless non è così. C’è voluto del tempo per studiare e realizzare le attrezzature che tutti possiamo vedere dai gommisti, in grado di semplificare il lavoro degli addetti, non più sottoposti a grandi sforzi muscolari. Il montaggio di una ruota tubeless è un’operazione interessante che si conclude con un autentico “botto”, talora impressionante, provocato dal tallone della gomma che, spinto da una forte pressione d’aria va a sistemarsi nella sede di destinazione del cerchione.
Oggi si producono quasi solo pneumatici da vettura del nuovo tipo anche perché essi, qualora abbinati a una camera d’aria, possono essere montati sui “vecchi” cerchioni (ad esempio sulle auto d’epoca) e funzionare come quelli di una volta. È tale la diffusione delle gomme tubeless che la loro caratteristica è sottintesa, mentre quelle “con camera”, rientrano in una categoria assolutamente minoritaria e vengono chiamate “tubetipe”. Naturalmente qualsiasi intervento tecnico che comporti l’eliminazione di un elemento (nel nostro caso la camera d’aria ma, grazie a tubeless, si può rinunciare anche alla gomma di scorta) mantenendo intatte o migliorando le prestazioni senza incidere troppo sul prezzo finale è sempre benvenuto. Accenniamo senza approfondire, che i tubeless, purché trattati con la dovuta attenzione (ma questo vale per tutto), migliorano le prestazioni della vettura e ci concentriamo sul fattore sicurezza. In particolare le gomme più moderne hanno la capacità di “auto-sigillare” le piccole forature sia tramite una particolare attitudine delle mescole usate per il sottostrato del battistrada, sia con l’utilizzo dei liquidi sigillanti introducibili tramite la valvola di gonfiaggio. Sicché, laddove con la camera d’aria avremmo una lacerazione della stessa e conseguente afflosciamento del copertone e quindi la necessità di ricorrere alla ruota di scorta, con il tubeless ciò non avviene o si manifesta solo una piccola e temporanea perdita di pressione che consente di proseguire il viaggio con prudenza. A destinazione si provvede alla riparazione, che consiste nel sigillare il foro nei vari modi previsti.