Sono in molti a sperare o sognare “che le cose tornino come prima”, intendendo ”prima” che la diffusione del Coronavirus sconvolgesse le vite di tutti. Sarà bene che questi si mettano il cuore in pace perché ciò non è possibile in ordine storico e soprattutto perché ciò non è nemmeno auspicabile in ordine logico. Infatti quel “prima” aveva in sé qualcosa di sbagliato, dal momento che non ha saputo proteggere il mondo dalla pandemia. Più precisamente, quel “prima” non ci ha permesso di evitare l’insorgere di un’infezione universale (qualunque cosa ne sia stata l’origine), di tenerla sotto controllo e di contrastarla al suo primo manifestarsi. Un esempio noto a tutti e localizzato in Italia: “prima”, vari governi legiferando di legge finanziaria in legge finanziaria, hanno continuato a risparmiare sulla sanità pubblica, il che ha messo in evidenza carenze molto gravi quando la malattia si è diffusa rapidamente in tutta Italia. Se tornassimo al “prima” ci troveremmo ad essere indifesi in termini di ricerca, diagnostica, strutture e apparecchiature sanitarie. Contemporaneamente, e forse anche in stretta relazione, il mondo si trova oggi ad affrontare l’emergenza ecologica che impone scelte non più rimandabili, anche se certamente non risolutive. Tra queste c’è l’elettrificazione dei trasporti: farebbe bene alla salute del pianeta e dei suoi abitanti. A tale proposito, entrando nel mondo particolare delle vetture elettriche, occorre precisare che la nota e ripetuta affermazione che “passare all’elettrico significa spostare il problema”, cioè inquinare presso le centrali elettriche invece che nelle strade, non è esatta. Partiamo da un’ipotesi assurda: che le auto e le centrali funzionino entrambe a petrolio (o derivati). Le centrali lo “usano” meglio, cioè hanno un rendimento più elevato del motore a scoppio, in altri termini consumano meno e immettono in atmosfera meno anidride carbonica a parità di energia prodotta. Poi, in realtà, nelle centrali elettriche di petrolio non ce n’è perché si brucia metano, meno inquinante della benzina o del diesel. Ma soprattutto, la “corrente italiana” (quella usata per caricare le batterie della auto elettriche) è prodotta da un “mix” di fonti in cui il metano è meno della metà del totale (40% circa). Da qualche anno prevalgono le fonti “rinnovabili” (cioè non inquinanti, 45% circa); il nucleare e altri sistemi di produzione sono componenti marginali. Abbiamo dunque un’elettricità “abbastanza pulita” mentre nelle auto tradizionali si continua a consumare il petrolio, più o meno raffinato. Infine, pensiamo alla bilancia dei pagamenti gravata da un petrolio che è importato in toto e utilizzato non solo per l’autotrazione, ma per l’industria (quanti prodotti si fanno col petrolio!), il riscaldamento, eccetera. Per contro invece, un 30 % circa di energia elettrica lo produciamo con fonti nazionali, soprattutto idroelettrico ed eolico. Non si può certo trascurare quello che è il vero handicap delle auto elettriche: lo stoccaggio dell’energia a bordo. La benzina o il gasolio sono in un serbatoio che man mano si alleggerisce quando, viaggiando, si consuma il combustibile. Invece le batterie, pur in continuo progresso, stanno sempre a bordo con il loro considerevole peso, forniscono un’autonomia limitata, hanno tempi di ricarica piuttosto lunghi, hanno una vita relativamente breve e, alla fine, vanno smaltite con procedimenti complicati presso strutture specializzate. Tanto è vero che questi “inconvenienti” mantengono viva la ricerca di soluzioni alternative, come l’utilizzo dell’idrogeno per generare energia elettrica direttamente a bordo dei veicoli elettrici; soluzioni evidentemente irrealizzabili su larga scala e in tempi brevi, per ragioni di costo e sicurezza. Nei sistemi di trasporto dove l’energia elettrica viene fornita in continuità dall’esterno, come le ferrovie, l’elettrificazione sia dal punto di vista ecologico che da quello economico è indispensabile. Eppure, se tutto ritornerà come “prima”, resteranno in funzione le tratte con locomotive inquinanti a gasolio (ad esempio la linea monorotaia Como-Lecco; Lombardia, non Far West) la cui elettrificazione costerebbe meno di un terzo dei famosi e inutilizzati “banchi a rotelle”.