C’era una volta la Ferrari che comunicava. Ovvero quella che per oltre 70 anni era la squadra da cui si pendeva dalle labbra. Lo era con Enzo Ferrari e il suo modo ironico, istrionico e pungente di fare comunicazione. Lo faceva in rare occasioni ma quando avveniva, apriti cielo: tutti a pendere dalle sue labbra, per il modo e l’ironia e a volta anche la rabbia con cui si toglieva gli occhiali e guardava dritto in faccia l’autore di un articolo sbagliato (secondo lui) o valutazioni errate. Poi c’è stata l’epopea Luca di Montezemolo. Stile diverso ma il maestro era lo stesso. Le famose cene di Natale in cui il piatto di tortellini si freddava e le mani avevano i crampi nel riuscire a trascrivere tutti gli appunti che Montezemolo riversava durante quelle cene. E poi, dopo ogni gara, c’era sempre un commento, una frase, qualcosa che dava il titolo. E se la squadra sbagliava, erano parole che coprivano l’errore. Se la squadra vinceva, si associava al grande successo. Uno stile enfatizzato, forse, ma sempre uno stile particolare. Mitico a un GP di Cina in cui dai box Montezemolo cominciò a salutare il pubblico in tribuna, che rispose con calore pur senza sapere chi fosse quel signore che si sbracciava dal muretto box: “Vedete quante bandiere rosso Ferrari ci sono in quella tribuna, l’affetto per noi è forte anche qui”. A chi gli fece notare che erano le bandiere cinesi, quelle del Partito Comunista locale, Montezemolo non fece una piega. E il giorno dopo ebbe ragione lui: perché su quelle tribune le bandiere Ferrari erano il triplo rispetto a quelle del Partito Comunista. Infatti, il DS dell’epoca andò alle bancarelle, comprò magliette e bandiere, oltre che berretti, e li distribuì in tribuna. E alla fine Montezemolo aveva ragione. Sulle tribune sventolavano bandiere Ferrari e stop. Era un modo di comunicare di pancia, vicino al tifoso (lo era lui per primo) e faceva proseliti. Poi ci fu l’epoca Marchionne. Più freddo, meno show man, più concreto e poche parole. Ma sempre precise e taglienti, sempre da titolo da prima pagina. Quando parlava Marchionne vigeva il silenzio attorno. Lui guardava negli occhi l’interlocutore, diceva la sua e se ci provavi, ti sorrideva con gli occhi ma svicolava. O ti ribatteva. Senza timore. Via Montezemolo, via Marchionne, il pallino della comunicazione è passata ai responsabili della GES Sportiva, che di lavoro dovrebbero fare altro non certo star lì a occuparsi di comunicazione (peraltro la fanno lo stesso e si impegnano anche nel farla nel modo più lineare e onesto possibile). Quello che sorprende è sempre il silenzio dei vertici. A Imola, gara di casa conclusa con una clamorosa sconfitta, c’era il presidente John Elkann che dopo la gara è salito su un monovolume e se ne è andato via senza rispondere ai giornalisti. Pochi a dire il vero, visto che nel paddock ha evitato tutti e si è limitato a stare con la squadra. E pensare che dall’AD Benedetto Vigna a Piero Ferrari, addirittura a Carlos Tavares, vestito coi colori Alfa Romeo, per non dimenticare Luca De Meo di Alpine, i vertici parlano, discutono, scherzano e comunicano con i presenti. Un peccato che John Elkann non faccia lo stesso, perché è un ragazzo sensibile, impegnato, pieno di passione e amore per la Ferrari e proprio per questo servirebbe che ogni tanto ci mettesse del suo. Non si pretende l’estroverso modo di Lapo Elkann, un altro che in quanto a passione non teme confronti, ma una parola che dia sollievo alla squadra o una frase che aiuti a superare i momenti difficili, un sorriso e un caffè col mondo che deve raccontare le gesta Ferrari, almeno quello sì. Senza dimenticare quei tifosi dal cuore enorme nel fango e in tribuna che hanno speso soldi per i biglietti, alberghi e viaggi e mangiato panini raffermi per non spendere oltre il dovuto, un messaggio di cuore avrebbe fatto bene. Smaltita la delusione per il risultato di Imola, siamo sicuri che quanto prima anche John Elkann si farà travolgere dalla passione Ferrari e riuscirà a comunicare col cuore coi tifosi e a far capire quanto ami la rossa e che farà di tutto per dare i mezzi per renderla vincente. Forza Ferrari e forza presidente, l’aspettiamo.