Sarà effetto della globalizzazione e della velocità con cui le notizie e le loro smentite fanno il giro del mondo, ma la gente ha incominciato a esitare prima di prendere subito per certo e definitivo tutto quello che gli viene raccontato. Tornano alla mente le gustose vignette di Giovannino Guareschi: “Contrordine compagni”. Prendiamo il caso del Coronavirus, considerato dapprima una malattia esclusivamente cinese o, al limite, asiatica; poi, poco più di un’influenza stagionale, poi.… A farci passare dalla paura (che è un fenomeno naturale e positivo perché invita alla prudenza) all’ansia e all’angoscia (che sono problematiche deleterie e portano allo smarrimento) sono stati soprattutto gli specialisti, i luminari delle malattie infettive, quasi mai d’accordo sulle cause e sui rimedi, impegnati in TV a farci vedere come si deve “starnutire nel gomito” o lavarsi le mani col sapone. Aggiungiamo a ciò la faccenda delle strutture sanitarie insufficienti, degli approvvigionamenti scoordinati, dei vaccini che ci sono e non ci sono e poi magari provocano danni collaterali. Una cosa è certa: siamo stati colti alla sprovvista e ne usciremo (forse) tra parecchio tempo. Per ragionare sui fatti, l’epidemia del COVID è stata ritenuta da parecchi dei governi di tutto il mondo talmente grave e fuori controllo che si è dovuto ricorrere ai “lockdown” (confinamenti) e ai “coprifuoco”, privando la gente dei diritti costituzionali e costringendola agli arresti domiciliari; dapprima a Wuhan (Cina), dove pare sia partita la pandemia, e poi un po’ dappertutto. Con l’occasione del traffico fermo e della riduzione dell’attività industriale, gli specialisti della lotta all’inquinamento atmosferico hanno avuto l’opportunità di misurare, tramite i rilevatori delle centraline a terra e le osservazioni dallo spazio dei satelliti artificiali, quanto fosse cambiata (diminuita) la presenza degli elementi nocivi nell’aria che respiriamo; in particolare l’aria degli agglomerati urbani. Le misurazioni riguardano soprattutto la presenza di ossidi di azoto (NOx), di ozono (O3) e del particolato (PM, di grado 10 per le polveri sottili e 2,5 per quelle sottilissime), tutti ritenuti responsabili di gravi malattie cardiovascolari e polmonari. Niente a che vedere con l’anidride carbonica (CO2) che non fa male a respirarla; anche se poi, a causa dell’effetto serra che provoca, nuoce a tutto il pianeta. Se andiamo a leggere le notizie della primavera 2020 era tutto un festeggiare e compiacersi che l’aria si era purificata e che si era finalmente dimostrato che fermare il traffico e rallentare la produzione è il rimedio per tornare a respirare aria pura. “Piccolo” particolare: tra prima e dopo il lockdown c’è di mezzo il cambio di stagione. Nell’emisfero settentrionale si è passati dall’inverno freddo, brumoso e stagnante alla primavera ventosa e soleggiata. Perciò i magnifici risultati tra cui, ad esempio, il calo degli NOx del 90% a Wuhan, erano in gran parte attribuibili alle variazioni meteorologiche. Secondo gli scienziati dell’Università di Birmingham (Regno Unito), che sono riusciti a depurare i dati dall’effetto stagionale, con il lockdown gli ossidi di azoto sono mediamente calati “solo” del 30%, mentre il particolato è calato anch’esso nelle città campione di Pechino, Milano, Roma, Madrid, Berlino, New York, Los Angeles e Delhi ma non a Parigi e a Londra; L’ozono è addirittura leggermente aumentato ovunque. L’anidride carbonica, sia detto per inciso, ha continuato ad aumentare, ma questo era previsto. Se ne deduce che da questo esercizio della misura degli inquinanti dell’aria (pre e dopo il lockdown) non si è potuto capire molto e c’è da temere che anche per il futuro non ci saranno risparmiati i blocchi al traffico veicolare (con la consueta demonizzazione del Diesel), che sono una sorta di lockdown selettivo, già subìto tante volte quando nell’aria cittadina le centraline hanno rilevato troppo particolato. Fermate le auto, calano le polveri (cadono a terra), ma se non arriva la pioggia o il vento, alla ripresa della circolazione si torna ai livelli critici.