COUP DE THÉÂTRE è un’espressione francese usata nel teatro e, per estensione, in altri contesti narrativi. Significa letteralmente “colpo di scena” e viene di solito usato per descrivere un momento di grande impatto emotivo che sorprende il pubblico e altera il percorso previsto dalla trama. Il suo scopo è quello di creare una svolta che cattura l’attenzione degli spettatori e li costringe a rivedere le aspettative sulla direzione della storia e rimane impresso nella memoria del pubblico.
Per chi lavora nella moda, dove abiti e accessori si susseguono con velocità e scorrono spesso davanti ai nostri occhi come una catena di montaggio, l’effetto sorpresa è dato da due fattori: uno show con ospiti e scenografie holliwoodiane o una collezione che ti porta a ragionare ed a cambiare la visione delle cose. In entrambi i casi ci vogliono persone capaci, grandi budget e umanità, nel senso che occorre mettersi nei panni di chi guarda e non solo nell’individualismo di chi crea.
Per questo la Paris Fashion Week, a mio avviso, ha vinto sulla Milano Fashion Week. Milano non esce dal suo provincialismo e snobismo nordico, nemmeno quando sfilano i grandi brand che restano inevitabilmente legati ad un’identità commerciale, uno stile innovativo si, ma troppo business oriented.
A Parigi i nomi, tutti importanti, si fanno accogliere da un’organizzazione che già in partenza offre loro la couture e si inseriscono in un contesto di creatività e sperimentazione che definisce i trend globali. Qui le sfilate sono concettuali, la moda è vista come arte e innovazione estrema.
Ecco perchè vedere le sfilate a Parigi è grande motivo di riflessione e stimolo anche per chi deve trovare le giuste parole per descriverle. Il debutto della Valentino by Alessandro Michele è quindi stato il giusto COUP DE THÉÂTRE in un contesto globale che di sorprendente ha dato ben poco, per questo tanto atteso da tutti. Una sfilata che va oltre alle chiacchiere ed ai frettolosi giudizi, ma che va ammirata per la capacità di aver creato qualcosa di grande impatto. Un colpo che in 120 uscite ha tenuto incollati per 30 minuti tutti gli appassionati di moda, con immagini di squisita bellezza e di potenza, perchè solo chi riesce a rendere un abito eccitante nel suo essere, accende il desiderio di possederlo. Ed Alessandro Michele è bravo a gestire la suspence e la teatralità delle sue sfilate perchè l’arte e il cinema sono la sua passione, lui non ha creato una nuova Valentino, ma ha fatto il suo Valentino, rompendo con il passato ( la passerella di specchi rotta con tanto di effetto asmr alla sfilata ) senza però annullarlo, tanto che ogni look ha un riferimento chiaro alla storia del brand, con una ricerca minuziosa del suo archivio.
Qui non parliamo di un designer qualsiasi, ma di un artista che ha ribadito la sua identità senza voler rivoluzionare il suo essere, lasciando a chi guarda il compito di interpretarne il significato. C’è chi lo amerà e chi lo odierà, ma in entrambi i casi il suo lavoro sarà giudicato e la narrazione darà in ogni modo vita ad un cambiamento.
“Chi combatte da solo sa che ogni vittoria è più dolce, perchè non deve ringraziare nessuno”, nella moda c’è chi ragiona così e chi invece accetta volentieri una mano da un alleato, non a caso francese. Parliamo di LVMH che ha fatto ingresso nel capitale di Moncler che ha così capitalizzato 1,5 miliardi in una sola seduta di Borsa. Con questa mossa Arnault ha acquisito il diritto di nominare due membri nel consiglio di amministrazione di Double R e un membro nel cda di Moncler, ma soprattutto ha impedito a Kering di prendersi questo brand che potrebbe entrare in futuro definitivamente nel già ricco portfolio di LVMH.
I grandi gruppi sono vincenti quando hanno la capacità di intuire quali progetti possono essere interessanti per aumentare il loro valore e il loro capitale. Anche nel mondo del beauty, il colosso Shiseido ha appena lanciato il marchio Ulé fondato dalla franco- americana Lindsay Azpitarte, con oltre 24 anni di esperienza nel campo del marketing e del brand development (ha lavorato per Dior prima di approdare a Shiseido). Il suo viaggio nella cosmesi l’ha portata a creare prodotti skincare naturali e altamente performanti grazie ad un rigoroso processo di coltivazione ed estrazione degli ingredienti in una Tower Farm situata in Francia a pochi km dal laboratorio, così da consentire l’integrità della sua formula che ha sfidato i preconcetti sui prodotti naturali dimostrando che la tecnologia può incrementare l’efficacia ed ampliare le conoscenze del passato prendendosi cura del pianeta.
I preconcetti, appunto, che nella moda influenzano la percezione di ciò che è accettabile o desiderabile e possono avere impatti profondi, ad esempio su come certi stili siano riservati solo alle giovani, a certe taglie, a certi generi oppure che i vestiti di marca definiscano lo status sociale di una persona. Mettere in discussione i preconcetti è compito dei creativi e di chi li interpreta, per questo a volte occorre avere il coraggio di cambiare strategie, attraverso figure chiave che possano portarti in una nuova direzione.
Un nuovo Ceo ad esempio, come John Galantic, ex presidente e chief operating officer di Chanel che è stato nominato nuovo amministratore delegato di Tod’s , voluto da Diego Della Valle per aiutare il gruppo ad aumentare il suo potenziale di crescita a livello globale, oppure una stilista come Chemena Kamali per Chloè che strappa applausi ad ogni passerella. Chanel, come ha detto Andrea Batilla, ha rifiutato di prendere Hedi Slimane alla creazione creativa perchè il designer avrebbe voluto il controllo totale su tutto, profumi compresi. Di cosa hanno avuto paura?
Per tornare a dire qualcosa è fondamentale che il lato umano sia slegato da quello business. Ne parlavo con Carlotta Rubaltelli ed Elisa Taviti, due mamme del fashion che ho incontrato alla presentazione della crema The Rejuvenating Night Cream di La Mer, sono due ragazze conosciute per lavoro che per empatia mi sono entrate nel cuore, una generazione di donne cresciute con il digitale che abbatte il preconcetto del filtro o del “va tutto bene siamo perfette e la vita ci sorride”. Oggi le persone non le illudi più con l’immagine, le vuoi sentire, amare, criticare e ne devi percepire l’onestà.
Oggi abbiamo voglia di cose vere, sane. Le regole del marketing, ad esempio, ci hanno già fatto venire fuori dagli occhi i calendari dell’avvento: ma siete sicuri che sia un’idea ingegnosa proporli già a settembre con tanto di spoiler sul loro contenuto? (quello di Dior è già in vendita a 600 euro) Se penso che io l’ avevo con i disegni o con i cioccolatini e che la curiosità di sapere cosa si nascondesse nella casella il giorno dopo non mi faceva dormire, anzi, a volte aprivo quel quadratino e lo incollavo per non far capire a mia madre che avevo anticipato di un giorno ( pensa te come ero messa… un genio… venivo subito sgamata!)
Insomma tutto questo per dirvi che a volte bisogna rompere per ricostruire, perchè lo slogan “L’ultima sfilata te la facciamo fare noi” della ditta funebre Taffo non sia solo una macabra campagna pubblicitaria creata dall’AI, ma un modo per seppellire i cliché di un mondo che non può più permettersi di sperperare capitali in prodotti che servono solo ad alimentare l’ego dei proprietari. E soprattutto che la moda non sia solo una vetrina per pagliacci, mogli di narcotrafficanti o sedicenti creativi o inquietanti personaggi in cerca di visibilità.