È facilissimo e molto comune criticare il comportamento del prossimo, magari dimenticandoci di quando anche noi abbiamo agito male e forse peggio. Nel caso delle esibizioni maldestre dei politici, però, bisogna dire che criticarli è giustificabile, oltre che piacevolmente rilassante. In fin dei conti, in quella posizione bene in vista da cui pretendono di essere ascoltati e ubbiditi, hanno voluto mettercisi loro e ci sono riusciti battendo una folta concorrenza di aspiranti tutti determinati a occupare posti di potere assai ben retribuiti in prebende, benefici e affini. Se poi i politici avessero un minimo di senso critico (dote piuttosto rara) dovrebbero apprezzare gli appunti che gli si muovono e farne tesoro per evitare ulteriori brutte figure.
Prendiamo il sindaco di Milano Beppe Sala che l’otto di maggio, in video, ha commentato “vivacemente” alcune fotografie di persone che passeggiavano lungo i Navigli in questi tempi di Fase 2 del “lockdown” da Coronavirus. Mosso da comprensibile sdegno per via delle distanze non rispettate (anche se il teleobbiettivo può ingannare, compattando le immagini) e della presenza di (pare quattro) individui senza mascherina si è esibito in uno sfogo oratorio apparentemente improvvisato. Dico “apparentemente” perché molti di questi importanti personaggi, per via della lunga pratica in congressi e dibattiti, anche quando appaiono spontanei non dimenticano di comunicare messaggi che fanno parte sostanziale del loro modo meditato di apparire in pubblico. Intanto, i fatti incresciosi offrono loro l’occasione per usare un linguaggio non proprio da conferenzieri e quel “sono incazzato” sta o vuole dimostrare che Sala, di solito così pacato e riflessivo, questa volta ha perso la pazienza, naturalmente per la preoccupazione per la salute pubblica. Forse, anzi sicuramente, il presidente Mattarella non l’avrebbe detto (pur con tutte le circostanze nazionali che lo giustificherebbero) ma Trump invece sì e allora a Sala “uscire da gangheri” è più che concesso. Si parte con una premessa preoccupante perché il sindaco, evidentemente afflitto da problemi di “messa a fuoco”, prende a confondere quelli che passeggiavano lungo i navigli con l’intera popolazione ambrosiana, per cui esordisce dicendo che quando c’è da lodare i milanesi lui è il primo a farlo, ma questa volta deve assolutamente sgridarli, anzi svergognarli. Come spesso succede, pur trattandosi di (apparente) improvvisazione, il politico inserisce il “pilota automatico” e dà il via a un mini-fervorino sul fatto che a Milano la gente lavora, “ha bisogno di lavorare”, deve arrivare alla fine del mese eccetera, mica va a spasso. Cioè, vorremmo capire bene, ce l’ha con quei tali che passeggiavano sui navigli invece di andare a lavorare dopo che lui e i suoi compari hanno preso provvedimenti (magari necessari) perché la maggior parte delle attività fossero sospese a tempo indeterminato? Vabbe’, passiamo alla parte sostanziale in cui, senza ombra di dubbio, si vuole far capire alla gente chi comanda a Milano e di quali poteri è dotato. “Non sono un politico da metafora, ma un politico d’atti e perciò o le cose cambiano oggi (non domani, non è un penultimatum ma un ultimatum!) o domani io, dal mio posto di lavoro a Palazzo Marino, chiuderò i Navigli”. Vediamo ancora di cercare di capire: vuole dire che lui, noto pragmatico, ben lungi dall’interrogarsi del perché ieri non c’erano vigili a sanzionare chi violava la legge (e tutto si sarebbe chiuso lì), decide che domani dal suo posto di lavoro non tollererà quelli che (rimasti senza lavoro), invece di restare chiusi in casa, passeggiano lungo i navigli e farà chiudere di punto in bianco la zona; questa volta mandando i vigili. Il finale poi è da avanspettacolo, dice: “poi glielo andate a spiegare voi ai baristi perché gli faccio chiudere le attività, siete voi che dovete farlo”. A questo punto mi permetto, anzi mi pregio di non capire: voi chi? Voi milanesi? Voi che passeggiate sui Navigli? Voi che ascoltate questo messaggio? Quei quattro senza mascherina? Mah, qualcuno, ma non Sala, dovrà andare a spiegarlo, ai baristi.