GP Austria, inizio gara ore 15. Fine del Gran Premio, ore 16,25. Classifica definitiva 21,56 della domenica. Ovvero oltre 5 ore e mezza dopo la fine della corsa in pista per sapere chi ha vinto davvero e chi si è piazzato e come a seguito delle numerose penalizzazioni inflitte. Su Max Verstappen, Charles Leclerc e Sergio Perez, non ci sono stati dubbi, in quanto loro, la pista, l’hanno usata più o meno bene. Il resto della truppa, a quanto pare, no. Il problema? Che il circuito austriaco ospita sia le gare della Moto GP sia la F.1 passando per le corse GT e prototipi. Categorie diverse con esigenze diverse: le moto hanno bisogno di vie di fuga ampie e con cordoli bassi per evitare traumi ai piloti che dovessero cadere. Le F.1 hanno bisogno di via di fuga ampie in asfalto per potersi fermare prima delle barriere, visto che con le gomme larghe e gli alettoni, hanno spazi di decelerazione incredibili. Dovendo soddisfare le esigenze di due categorie agli opposti, la soluzione austriaca è stata di un cordolo molto basso, con una ampia via di fuga che invita a sfruttare al meglio tutto lo spazio disponibile per essere più veloci. Risultato, in 71 giri di corsa con 20 piloti in pista, ci sono state oltre 1200 violazioni del limite della riga bianca e un superlavoro dei commissari per definire la classifica finale. Dovuta, però, a un reclamo Aston Martin che ha chiesto giustizia. Ottenendola, perché non tutti erano stati penalizzati, non tutti avevano subito i 5 o 10 secondi di penalizzazione previsti per il caso in questione. Con l’assurdo kafkiano di penalizzare Hulkenberg per taglio di curva quando il tedesco era già ritirato da qualche giro… Questo per far capire che l’attenzione, più che alla presunta rinascita Ferrari col secondo posto di Leclerc, celebrato dal presidente Elkann in pista, fosse per il resto. Che ha creato polemiche. A ragione. I commissari hanno applicato le norme, ma se la norma è stupida, allora la si cambia. O si cambia la pista trovando il giusto compromesso fra le varie categorie, o il problema resterà uguale negli anni a venire. Perché a Monte Carlo di track limit non se ne parla, anche perché ad aspettarti, 5 centimetri fuori dalla linea bianca, c’è un muretto o un guard rail. E lì sbagliano in pochi. Il campanello d’allarme dove venire dalla settimana prima, quando nella gara monomarca del Ferrari Challenge c’erano stati 1050 episodi simili. Se con le turismo erano arrivati a quell’estremo, con le F.1 (ma anche F.2 e F.3 che hanno corso nel week end) facile prevedere che si sarebbe andati oltre. E così, dopo una gara in cui la Ferrari, in condizioni normali, era ai soliti 25-30 secondi dalla Red Bull, pur migliorando il consumo gomme ma mostrando ancora una volta discrepanze nelle strategie e malumori fra i due piloti, alla fine Sainz da quarto è sceso al sesto, Hamilton all’ottavo, con Norris e Alonso risaliti in quarta e quinta posizione. Con nove piloti (su 19 rimasti in gara) penalizzati con svariati secondi 5 ore dopo la fine della corsa. Una mancanza di rispetto per chi ha rischiato in pista e per chi ha pagato un biglietto in tribuna ed è tornato a casa scoprendo che quello che ha visto non era reale.
Foto: Ferrari.com