Nella vita a volte è più importante saper perdere che saper vincere. Per farlo occorre autodisciplina, conoscenza dei propri limiti e rispetto per gli avversari. In F.1 non sempre succede e dispiace che spesso questa mancanza di stile e di classe, colpisca chi più si ama. Prendete ad esempio il caso dello sforamento del budget della Red Bull e Aston Martin. Dall’anno scorso in F.1 si è posto un tetto alle spese di 145 milioni di dollari. Poi con l’inflazione, il regolamento tecnico che ha imposto macchine nuove e quindi l’impossibilità nel recuperare del materiale “vecchio”, tutti hanno dovuto fare i conti con questa norma. Adesso, dieci mesi dopo che la stagione 2021 si è conclusa, una vocina anonima ha messo in giro la storia che Red Bull avrebbe sforato e quindi, per regolamento, potrebbe essere soggetta a una multa o alla decurtazione dei punti, con perdita del mondiale conquistato in pista, anche se in maniera polemica, ad Abu Dhabi l’anno scorso. Dieci mesi, là dove tutto scorre sul filo dei centesimi di secondo, appare davvero come una enormità. Quindi qualcosa non ha funzionato a monte. Se fai una regola, sarebbe buona cosa poterla controllare. Se metti un limite di velocità in città, devi poterlo controllare. E qui si apre il capitolo di una gestione del mondo F.1 della federazione, che lascia delle lacune. Impongono un limite ma poi ci sono scappatoie e dopo 10 mesi non si sa ancora se uno è fuori o dentro. Detto ciò, l’assalto alla diligenza Red Bull, con accuse pesanti di Toto Wolff della Mercedes e il silenzio, ma non troppo, della Ferrari (che secondo i maligni avrebbe passato la polpetta avvelenata a certa stampa) con urla di dolore e disperazione sullo spirito sportivo etc etc, fa sinceramente ridere. Perché in F.1 ormai è la politica che fa la differenza e quelli che oggi sono acerrimi nemici di Red Bull ma tacciono su Aston Martin (forse perché sono indietro e non danno fastidio) sono gli stessi che in passato hanno giocato con le norme tecniche, girando attorno a un regolamento ben preciso e sfruttando le zone grigie. Risultato, in pista Sergio Perez ha vinto meritatamente e alla grande il GP di Singapore, ma quello che è passato da certi schermi e certe articolesse, è che abbia rubato, truffato e imbrogliato. Non è vero, ma intanto la percezione è passata, il posto al ponte di comando è salvo perché l’azionista, o gli azionisti, hanno la scusa buona: non abbiamo perso perché gli altri sono stati più bravi, ma perché hanno truffato. È come se uno corresse i 100 metri partendo ai 90 o con 20 kg sulle spalle. Quindi, lo sport da un lato, la politica dall’altro. E la comunicazione in mezzo che sfrutta la percezione di quanto avvenuto, più importante della realtà di cosa è davvero successo. In mezzo questi ragazzi, da Perez a Leclerc, capace di spingere come un disperato pur di raggiungere quella vittoria meritata e sfuggita ancora per un soffio. E lui per primo non avrebbe niente da festeggiare in un risultato ottenuto a tavolino. Che rappresenterebbe una sconfitta per tutti. Ma in F.1 a quanto pare frega davvero a pochi…