Tutto fermo e la mente che, inevitabilmente, inizia a viaggiare e a pensare a come sconfinare una volta terminato il lockdown.
Alessandro Michele, per Gucci, è solo l’ultimo (ma sicuramente solo per il momento) dei creativi che ha ipotizzato nuove soluzioni per presentare il prodotto, così come la casa per la quale disegna, Gucci, era stata tra le prime ad annullare la consueta cruise, che quest’anno sarebbe volata a San Francisco.
La fashion week virtuale, tutta piattaforme online, che, attualmente, è l’unica proposta di più o meno tutte la camere della moda, va stretta ai designer. È stata acclamata a febbraio quando ha permesso di esserci, in qualche modo, a designer e soprattutto buyer cinesi a Milano, ma la rete sembra avere decisamente maglie troppo strette per la creatività di un fashion show. L’appuntamento di luglio, proposto sia da Camera della Moda che dalla Fédération de la Haute Couture et de la Mode, per presentare l’uomo e le precollezioni è stato accolto con parecchi sopraccigli alzati e pochi sorrisi. Insomma, Instagram, i social e le loro dirette vanno bene fin quando sono un supporto, non quando diventano l’unico mezzo protagonista o quasi.
Alessandro Michele fa sapere che Gucci sfilerà solo due volte l’anno, aggiungendo che non verranno rispettate le date canoniche, tant’è che ipotizza una prima presentazione non a settembre, ma a ottobre. Afferma di non volersi dissociare dalla Camera della Moda e di non essere un disertore, ma di fatto, optando per date fuori dal calendario ufficiale (ammessa la loro conferma causa Covid) si stacca da un certo sistema, con le spalle forti della sua potenza, notorietà, ricavi, vendite e nome.
Valentino, nei giorni scorsi, aveva fatto sapere che non avrebbe aderito alla fashion week digitale parigina, in programma dal 9 al 13 luglio, optando per un evento a settembre che vedrebbe protagonisti donna e uomo. Inoltre, Pierpaolo Piccioli ha affermato che, per quanto riguarda l’alta moda sta pensando a un format inedito, che, però, dovrebbe svolgersi a luglio, in corrispondenza di quelle giornate di haute couture che sono state cancellate dalla Camera francese.
Giorgio Armani, dopo la sua lettera aperta a WWD in cui sottolineava come il sistema dovesse cambiare, ha deciso di lasciare – per sempre o per il momento non si sa – la settimana della haute couture per portare la Privé nei suoi salotti milanesi, una sola volta all’anno, scavalcando stagionalità e date imposte.
Ad aprile, Saint Laurent è stato il primo a distaccarsi dai calendari prestabiliti dichiarando, senza troppi giri di parole, che per la griffe non ci sarebbe stata nessuna fashion week a settembre e alcun obbligo di calendario in generale. L’unico discrimine per presentare o meno la collezione sarà il ritmo di produzione e soprattutto quello della creatività.
Il tutto genera rumors e tanta curiosità. Sicuramente porterà una ventata di novità in un sistema che, onestamente, doveva cambiare e che ha trovato nella pandemia il pungolo per farlo e per non procrastinare più adagiandosi sulla consuetudine. Al momento, però, quello che si nota in particolar modo è che le tante voci del sistema moda diventeranno anche troppe, con enti che, probabilmente, saranno sempre meno rappresentativi e alquanto deboli e che il fashion è per tutti solo su Instagram.
Chi potrà vedere con le proprie mani e i propri occhi, senza schermi che si frappongono, e godrà, magari, anche di qualche bonus, come una cornice speciale o una chiacchierata con lo stilista, sarà un prescelto. Non ci saranno più procedure di accredito, ma inviti riservati, che coinvolgeranno una cerchia presumibilmente limitata, a causa del luogo, delle restrizioni relative al distanziamento e del fatto che l’evento diventerà qualcosa di privato. Proprio come era un tempo, in quei salotti ovattati dell’alta moda, che foto e video in bianco e nero ci restituiscono oggi.
La moda sembra lanciare un chiaro messaggio. Illudetevi pure col fast fashion o con le passerelle urbi et orbi in streaming e corredate di un hashtag con le feste aperte a tutti o quasi dopo una sfilata o col pensare che un influencer davvero capace sia solo la ragazza della porta accanto che sa smanettare un po’ sui social.
Il fashion system non è democratico, è fondato sul privilegio, di esserci, apparire, poter avere un rapporto privilegiato, poter accedere a certi luoghi e di provare e indossare determinati capi. Questi ultimi, peraltro, diverranno più inavvicinabili, quasi sacri, grazie al minor numero di collezioni e, inevitabilmente, di oggetti prodotti.
Una ancor più netta distinzione tra due mondi, alto e basso. La pandemia e la relativa quarantena era certo che non ci avrebbero resi più buoni, come qualcuno auspicava. Nella moda ha fatto indossare le mascherine, ma almeno cadere alcune maschere. Il resto è tutto da aspettare e gustare.