Moda

Mar 14 IL GRAFFIO DEL GATTOPARDO

di Cristiana Schieppati

Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi.” La celebre frase di Tancredi ne Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa oggi mi risuona nella testa. Scritta per descrivere il trasformismo dell’aristocrazia siciliana all’alba dell’Unità d’Italia, questa massima è una lente attraverso cui possiamo leggere non solo la politica e la società, ma anche il mondo della moda.

Se nel romanzo l’aristocrazia decadente cede il passo alla borghesia arricchita, nel fashion system assistiamo a una dinamica simile: i direttori creativi si avvicendano rapidamente, le maison sembrano aprirsi a nuove visioni, ma alla fine le logiche del mercato restano immutabili. I brand di lusso, pur predicando il cambiamento, restano legati ai loro modelli consolidati: il profitto prima di tutto, il marketing sopra la creatività.

Nel 2025, il settore vive una fase di profonda metamorfosi, con il cambio di direzione creativa in due delle più iconiche maison italiane, Gucci e Versace, e con la spettacolare sfilata di Alessandro Michele per Valentino, tenutasi in un bagno pubblico di Parigi. Tre episodi che raccontano, ognuno a modo proprio, la necessità della moda di evolversi senza perdere la propria identità.

L’arrivo di Demna Gvasalia alla guida di Gucci rappresenta una svolta netta rispetto al minimalismo di Sabato De Sarno. Dopo il boom di Alessandro Michele, che aveva rivoluzionato l’identità del marchio con un’estetica massimalista e genderless, il brand ha vissuto un momento di assestamento e rallentamento commerciale. La scelta di Demna indica una strategia precisa: riportare Gucci a essere polarizzante e avanguardista, un manifesto di ribellione nel lusso.

Le strategie che Gucci potrebbe adottare includono una nuova estetica radicale, giocata su silhouette decostruite e influenze streetwear, sulla scia di Balenciaga, il rilancio dell’hacking culturale, con collaborazioni audaci che mescolano lusso e mondo pop, un focus sul digital puntando sulle nuove generazioni attraverso esperienze virtuali immersive. La scelta di Demna risponde al bisogno di rinnovare il linguaggio visivo del brand senza tradirne la vocazione dirompente. Un cambiamento che, come nel Gattopardo, serve a mantenere intatta l’anima ribelle della maison.

Mentre Gucci opta per la rottura, Versace sceglie l’evoluzione controllata, affidandosi a Dario Vitale, ex Miu Miu. Dopo anni di dominio estetico di Donatella Versace, che resta ambasciatrice della maison, che ha consolidato il marchio con il suo mix di sex appeal e stampe iconiche, Vitale avrà il compito di reinterpretare il DNA del brand in una chiave più sofisticata e contemporanea. Le possibili strategie di Versace potrebbero includere: un’evoluzione più raffinata dell’estetica sexy, riducendo gli eccessi senza perdere l’iconicità, una maggiore attenzione alla couture e al lusso su misura, puntando su abiti che uniscano tradizione sartoriale e innovazione, un’espansione più mirata nel menswear e negli accessori, segmenti cruciali per la crescita del marchio.

Versace deve muoversi su un filo sottile: cambiare senza perdere la propria identità, proprio come il Principe di Salina nel Gattopardo, che comprende la necessità di mutare le apparenze per mantenere il potere. Nel cambiamento eventuale di proprietà, ossia se il gruppo Prada effettivamente comprerà la Maison, il ruolo di Dario Vitale resta ancora più motivato, anche se ad un certo punto ho pensato che le iniziali DV, uguali a quelle di Donatella Versace significassero che il suo destino fosse scritto nella storia del marchio.

In questo contesto di trasformazioni, la sfilata di Alessandro Michele per Valentino a Parigi ha aggiunto un ulteriore livello di riflessione. Ambientata in un bagno pubblico ricreato con estrema precisione, la collezione ha raccontato la moda come spazio di intimità, cambiamento e metamorfosi personale.

Il bagno è un luogo di transizione: ci si spoglia, ci si osserva, ci si trasforma, proprio come fa la moda. Michele, con il suo linguaggio visivo ricco di simbolismo e citazioni storiche, ha sottolineato che l’abito è un rituale, un modo per ridefinire il sé. Questa sfilata rappresenta il momento in cui il cambiamento avviene dietro le quinte, prima di manifestarsi al mondo. È nel privato che si costruiscono le rivoluzioni estetiche, ed è proprio in questi spazi di riflessione Valentino sta ridefinendo il suo futuro.

Il cambiamento nel mondo della moda segue una logica simile a quella del Gattopardo: nulla può rimanere identico, eppure l’identità di un marchio non può essere tradita. Gucci con Demna, Versace con Vitale e Valentino con Michele rappresentano tre modi diversi di affrontare questa sfida. Nel lusso contemporaneo, l’equilibrio tra innovazione e fedeltà alla propria storia è la chiave per restare rilevanti, le grandi maison devono adattarsi ai nuovi tempi senza perdere il loro spirito originario. Perché, in fondo, il vero graffio del Gattopardo è proprio questo: cambiare per rimanere se stessi.

Può una serie di Netflix portarmi a fare tutta questa riflessione? Ebbene si, avendo guardato gli episodi usciti proprio in questi giorni con un bravissimo Kim Rossi Stuart, Deva Cassel, Saul Nanni (ora sull’Orient Express insieme ai gioielli Garatti ) e Benedetta Porcaroli, serie elogiata da alcuni e criticata da altri ( a me è piaciuta), ho potuto ripercorrere un periodo storico di grandi cambiamenti sociali e politici che oggi più che mai sono lo specchio della nostra società. Certo, nulla a che fare con il film diretto da Luchino Visconti (di Modrone, la nobile famiglia milanese) uscito nel 1963 e interpretato da Alain Delon e Claudia Cardinale, considerato uno dei capolavori del cinema mondiale (a proposito approfitto per ricordare Giovanni Gastel il cui anniversario della morte ricorre proprio in questi giorni, lui era nipote di Luchino, figlio della sorella Ida), ma anche in questo caso il paragone tra passato e futuro è fuorviante. La chiave non è considerare i due come opposti, ma come elementi interconnessi in un processo continuo di reinterpretazione.

Ci sono connessioni culturali e di costume in ogni occasione. Ad esempio a Parigi ha sfilato The Row, marchio che ha portato il concetto di esclusività a un nuovo livello: una sfilata senza sitting, senza inviti tradizionali, quasi un’esperienza privata. Il brand delle gemelle Olsen continua a giocare sul minimalismo radicale dimostrando che il vero lusso oggi è l’assenza di clamore. L’anti-spettacolo diventa uno statement potente.

Louis Vuitton ha annunciato il suo debutto nel mondo del beauty, un passaggio quasi naturale per il colosso del lusso che punta sempre di più a rafforzare il legame emotivo con il suo pubblico, i francesi non mollano per nulla, anzi, a Loro Piana è appena stato nominato Ceo Frédéric Arnault  quartogenito del magnate del lusso Bernard Arnault, che ha dichiarato che sarà operativo fino a 85 anni. Lavorare in famiglia… che gioia!

Tra i vari cambiamenti epocali c’è anche un trasloco, quello Condè Nast che lascia definitivamente la sede di Piazzale Cadorna, post commuoventi su IG di Francesca Ragazzi, Antonella Bussi, Paola Saltari, Maddalena Fossati… che emozione, quanti appuntamenti abbiamo fatto in quegli uffici? Che ci sembrava di essere la protagonista de il Diavolo veste Prada! E in piazza Castello negli uffici di Franca Sozzani…

Il fashion system sta scrivendo una nuova pagina della sua storia, vedremo chi lascerà la zampata più incisiva. Nel frattempo non dimentichiamo le persone emblematiche e influenti come Lella Curiel, Mario Boselli, Diana Bracco, Livia Pomodoro, Giovanni Bazoli, Eva Cantella, Giacomo Manzoni e Amalia Ercoli Finzi ( mia madre mi ha detto che era una compagna di mio padre all’università di ingegneria aerospaziale), protagonisti della bella copertina di 7 con un articolo a firma di Michela Proietti.

La moda cambia pelle senza mai perdere il suo istinto: segna il cambiamento ma esalta la bellezza dell’evoluzione senza cancellare le radici.

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