“In circostanze normali avremmo tutte le ragioni per guardare con ottimismo al 2022”, questa la dichiarazione di Herbert Diess, il presidente del Consiglio di Amministrazione di Volkswagen Group, in occasione della conferenza annuale in cui vengono comunicati i risultati dell’anno appena trascorso e sono annunciati i programmi per quello in essere. I settemila dipendenti in carico in Russia sono “nei nostri pensieri, viviamo una tragedia umana” ed è difficile fare programmi quando, a causa del conflitto tra Russia e Ucraina, gli stabilimenti di Kaluga (vicino a Mosca) e di Nizni Novgorod, sono fermi e l’impatto della guerra in atto non è ancora chiaro quali conseguenze avrà, per cui tutte le prospettive per il 2022 sono incerte. “Inoltre – è sempre Diess a sottolineare – l’invasione dell’Ucraina ha fatto aumentare i prezzi dei materiali indispensabili per costruire un’automobile, come il nichel e il palladio. Abbiamo in quella nazione molti fornitori importanti, stiamo lavorando per trovarne altri in Europa dell’Est, sono attivi quelli nell’Africa del Nord.” A causa della mancanza di cablaggi sono state anche rallentate alcune fabbriche in Germania, è stata trasferita la produzione di circa 100mila veicoli negli Stati Uniti e in Cina. Ci aveva già pensato la pandemia e la carenza di semiconduttori a frenare le catene di montaggio ma, nonostante il gruppo abbia venduto, nel 2021, 600mila veicoli in meno rispetto a quelli previsti (sono state immatricolate 8,9 milioni di unità), l’utile è balzato a 15,4 miliardi di euro (un più 75% rispetto al 2020), contro un fatturato di 250miliardi di euro (più 12%) e un margine operazionale risalito all’8%, merito di una strategia industriale e commerciale azzeccata (il Nord America è ritornato attivo, in Cina detiene il 16% di quota, il solo brand Volkswagen l’11%), grazie a modelli che hanno conquistato i mercati, incluso l’area asiatica, venduti a prezzi più elevati, “i clienti erano pronti ad acquistare vetture ben equipaggiate”. Il costruttore di Wolfsburg ormai concentrato sulla transizione elettrica, vuole accelerare la sua flessibilità, pensa di creare una società esclusivamente dedicata alle sei gigafactory europee, per consentire migliori economie di scala, mantenendo un perfetto equilibrio dei costi. “Le batterie sono l’elemento essenziale di una vettura elettrica – ha precisato il presidente – la gestione autonoma della loro produzione potrà avere un ruolo fondamentale, senza per questo rinunciare alle partnership che abbiamo in essere”. Se la capacità complessiva sarà in grado di arrivare, nel 2030, a 240GWh, vorrà dire che il gruppo tedesco, dai dodici marchi, potrà assemblare più di 4milioni di elettriche all’anno (nel 2021 ne sono state consegnate 452.900 unità).