Ora che a Genova è stato inaugurato il nuovo ponte sul Polcevera può essere interessante andare a rileggere quanto accadde dopo il disastro del “Ponte Morandi” dell’agosto 2018 e in particolare ripercorrere l’”affaire” Renzo Piano, il celebre architetto e senatore a vita della Repubblica Italiana, oltretutto genovese. Premesso che allora tutti concordarono sulla necessità di costruire in breve tempo una nuova struttura, fu rilevante la notizia che Renzo Piano offrisse la sua opera gratuita presentando un progetto (abbozzato in soli quattordici giorni), che poi fu subito approvato e che in definitiva è quello del nuovo ponte realizzato in soli due anni. Ai tanti commenti favorevoli si accompagnò una ben nutrita serie di critiche natura tecnica, ambientale e di metodo. L’INARSIND (sindacato di architetti e ingegneri) protestò energicamente che non si fosse indetto un concorso pubblico, come vorrebbe la prassi, ma si fosse proceduto da parte di Comune di Genova, Regione Liguria e Commissario governativo all’assegnazione d’autorità. Fece eco il prof. Edoardo Cosenza (membro del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, preside d’ingegneria dell’Università di Napoli, ecc.) “indignato” per la procedura sbrigativa, rilevando che si trattava di “un regalo” a chi non ne aveva bisogno. Strano concetto questo del “regalo”, perché ai più era sembrato che lo avesse fatto Renzo Piano al Paese. Invece pare che sia il contrario, perché si è impedito a tanti giovani e meno famosi progettisti di concorrere con nuove idee e magari aggiudicarsi un lavoro giustamente retribuito; cosa ininfluente per Renzo Piano che è già ricco di suo.
Sarà tutto vero e giusto, ma a molti sorge il dubbio che a dar loro retta oggi saremmo ancora alla fase delle elucubrazioni, quando invece il presupposto era l’urgenza. Luigi Prestinenza Puglisi, saggista e critico di architettura, si espresse più violentemente, scrivendo senza mezzi termini di “colossale errore”, “sonora sciocchezza” e “colossale bestialità”. Renzo Piano, in pratica, avrebbe raccolto consenso con un progetto banale (tutti i suoi contestatori avrebbero saputo fare altrettanto se non di meglio), da “compitino da terzo anno d’Ingegneria Civile”, grazie alla sua capacità comunicativa e persuasiva. Un progetto stile “Mulino Bianco”, meno bello del Ponte Morandi, ma infarcito di riferimenti suggestivi come il numero di lampioni uguale a quello delle vittime, i pilastri a forma di prua, la sezione a forma di chiglia di nave e i pannelli fotovoltaici. Renzo Piano ha cercato di spiegare che questo nuovo ponte (che definisce “un rammendo”), apparentemente molto tradizionale tanto da assomigliare a un viadotto, deve comunicare l’impressione di solidità, pur nella semplicità della linea, ma non credo abbia convinto il Puglisi. Intanto il nuovo ponte c’è e ha superato i dubbi di chi lo riteneva critico dal punto di vista della logistica, dell’impegno energetico e dei tempi di realizzazione (compresa la fase di demolizione dei resti del Ponte Morandi). Che ci sia un pizzico d’invidia per il celebrato maestro soprannominato maliziosamente “archistar”? Verrebbe da pensarlo a prendere in considerazione i “calcoli” dell’architetta Eleonora Carrano che “smaschera” Renzo Piano informandoci che egli ha partecipato a solo 8 sedute del Senato su 18.000 (0,04%). Il che evidentemente è imperdonabile, dato che il “nostro” senatore a vita non avrebbe altro da fare che stare in parlamento e invece se ne va in giro senza portare alcun lustro al Paese. Non mancò neanche la voce di Italia Nostra a criticare l’impatto ambientale, che sarebbe comunque stato ben peggiore se non si fosse deciso di “ricalcare” la traiettoria del ponte precedente e si fosse dato retta a chi voleva sostanziali varianti per eliminare le curve a corto raggio che impongono limiti di velocità ai veicoli in transito. A cose fatte, ma anche durante i lavori, non credo che Renzo Piano si sia preoccupato per le critiche (pur ragionevoli ma inopportune per i citati motivi di urgenza); semmai si sarà compiaciuto di trovarsi in buona compagnia, in un Paese che vide criticati e criticarsi Leonardo con Michelangelo, Bernini con Borromini e Terragni con Piacentini, tanto per fare degli esempi.