Claudio Marenzi ricopre molteplici funzioni. E’ Presidente di Herno, la società della sua famiglia che da oltre 70 anni si occupa di produrre abbigliamento è Presidente di Pitti Immagine e di Confindustria Moda, mandato che sta per scadere a breve. In questa intervista lo abbiamo letteralmente interrogato per conoscere come sta lavorando in tutti i ruoli che ricopre, quali iniziative sono state intraprese e, soprattutto, se la moda si salverà da sola o con l’aiuto del Governo.
Dott. Marenzi iniziamo da Herno. Come avete lavorato in questo periodo e come vi state organizzando?
Siamo operativi da due settimane, ma di fatto non abbiamo mai chiuso in questo periodo perché ci siamo attivati per produrre camici monouso e mascherine pro bono per l’Ospedale di Verbania e per le comunità del nostro territorio. Da metà aprile abbiamo ripreso a produrre campionari sempre con personale ridotto. Adesso siamo attivi al 100% ma la parte amministrativa, il customer care e l’ufficio prodotto si alternano tra presenza in azienda e lavoro in smart working. In Herno lavorano circa 200 persone, oggi siamo un centinaio, rimarremo così ancora per qualche settimana rispettando le distanze da protocollo . La produzione ha ripreso, sia quella italiana che quella in Sicilia nel nostro hub, sia in Romania dove di fatto non si era mai fermata perché non hanno mai chiuso. Prima del lockdown siamo riusciti ad approvvigionare i nostri laboratori rumeni per circa due mesi di lavoro per cui abbiamo mantenuto i ritmi. Non abbiamo subito delle grandi perdite, certamente le collezioni si sono fermate per un certo periodo. Ma visto che non esiste una data precisa di presentazione, che una volta era scadenzata da Pitti, abbiamo i tempi un po’ più lunghi quindi verso fine giugno i capi saranno pronti.
Come avete mantenuto i rapporti con i vostri clienti in questi mesi?
Per fortuna la campagna vendita era finita e quindi siamo riusciti a mantenere i rapporti telefonici e video call per confrontarci su come gestire il futuro e su come ragionare sulla stagione in corso. Il lavoro è andato sempre avanti.
Pitti Immagine. L’edizione spostata a settembre ha destato molte polemiche, sia per un discorso si costi che di effettiva esigenza. Ci dica, perché Pitti si farà dal 2 al 4 settembre?
Sulle date ognuno può pensarla come vuole. Abbiamo avuto le più svariate osservazioni. Chi si è lamentato perché troppo tardi, chi troppo presto, chi ha detto che non serve… insomma è stato detto un po’ di tutto. Noi abbiamo fatto delle scelte. Per quanto riguarda i costi, come società fieristica se avessimo dovuto scegliere la strada più semplice avremmo dovuto cancellarla, non ci saremmo presi tanta responsabilità anche a livello economico, perché per noi sarà un costo importante. Sarà una Fiera con delle spese aggiuntive per garantire la sicurezza e abbiamo già lavorato con l’aiuto dell’Ice e del Comune di Firenze per calmierare i costi, non possiamo ancora dire oggi quanto costerà al metro quadro ma saranno certamente spazi più economici rispetto al normale listino. Ci saranno delle distanze e dei percorsi obbligati da rispettare, con un limite di accesso per le persone… ovviamente noi ci auguriamo che ci sia la coda per entrare. Non sarà un’edizione normale, sarà un’edizione straordinaria che abbiamo pensato proprio per dare un segnale al sistema. Pitti non è una semplice fiera è un luogo di incontro e di riflessione due volte all’anno dove la produzione, distribuzione e la comunicazione si incontrano per fare il punto della situazione. In qualche modo i numeri ci interessano meno. Ovviamente ci auguriamo che ci siano il più possibile compratori ed espositori, ma non è il nostro obiettivo. Ci saranno molte iniziative digitali che la renderanno un’edizione diversa dal solito. Sarà un momento di ripartenza perché poi da li inizieranno altre manifestazioni: Micam, Mipel e la settimana della Moda di Milano.
Lei cosa pensa di convogliare tutte le manifestazioni in un sistema fieristico unico?
E’ sempre auspicabile una manifestazione unica, una voce sola che coinvolga tutti. Il modello di unione oggi è Confindustria Moda è stata creata proprio per questo. Confluiamo tutti li, ognuno con la propria autonomia e con la propria funzione ma parliamo all’unisono. Convogliare le Fiere in un unico polo è un lavoro più ampio, non è solo questione di rappresentanza, ma anche di conti economici da mettere insieme e diventa un meccanismo più complesso.
A proposito di Confindustria Moda, tra poco scade il suo mandato. Un bilancio.
Il bilancio è indubbiamente positivo, prima Confindustria Moda non esisteva. Oggi c’è ed è quel veicolo, quel contenitore che mancava. Questo è l’elemento di unione per la moda. Dopo due anni dalla sua costituzione oggi bisogna farla lavorare ancora di più, bisogna renderla sempre più efficiente nei confronti della moda.
Ha avuto contatti diretti con il Presidente Conte in questi giorni? La moda si salverà da sola o godrà di aiuti dallo Stato?
Non ho avuto contatti diretti ma molto vicini a Conte e al Ministro Patuanelli , Ministero dello Sviluppo Economico e al Consiglio dei Ministri con diversi parlamentari delle diverse commissioni. Siamo stati presi in considerazione, anche se in generale il mondo industriale è stato poco ascoltato. Dal “Decreto Cura Italia” ci aspettiamo tante cose ma vedremo cosa faranno, la burocrazia frena certamente l’applicazione di tutte le decisioni prese, molto dipende anche dalla discrezionalità delle Banche, ci sono tantissime variabili che frenano l’efficacia delle decisioni prese nel nostro Paese.
Un messaggio agli operatori della moda:
Il messaggio che vorrei portare a tutti i comparti della moda italiana è la nostra unicità. Noi abbiamo una filiera insostituibile al mondo, per quanto riguarda soprattutto l’alto di gamma, i marchi diretti o quelli che fanno semi lavorati. La nostra filiera è la più virtuosa e qualitativa e non se ne può fare a meno. Il mondo non può fare a meno dell’Italia, per la sua geografia, per la sua storia, per la sua cultura e per i suoi prodotti, per la qualità in tutto quello che facciamo, non solo nella moda. Siamo insostituibili, teniamo duro, qualcuno inevitabilmente resterà per strada, ma si ripartirà.