Il telefono è sempre accesso perché può squillare a tutte le ore. E per i motivi più strani. Richieste, domande, comunicazioni urgenti dalla dirigenza, imprevisti da risolvere e intoppi da sistemare.
Essere a capo della comunicazione di una grande e prestigiosa squadra di calcio è tutto questo, e Fabio Guadagnini lo sa bene. Una lunga carriera da giornalista, aspetto che certamente gli permette di trovare le parole giuste con i colleghi, specialmente adesso che si trova dall’altra parte, nel ruolo di direttore della comunicazione del Milan.
Fabio, come hai vissuto il periodo di lockdown e come vi siete organizzati in quelle settimane con l’attività di comunicazione?
“Con lo stop delle attività dell’Area Sportiva ci siamo configurati in ‘smart working’, avviato una efficiente rete di connessione, e schedulato un’agenda che ci permettesse di essere tutti coordinati in real time. Questo periodo è stato tra i più impegnativi per noi: oltre alle linee di comunicazione tradizionali (corporate, commerciale, sportiva, sociale) si è aggiunta quella dell’emergenza, per gestire le innumerevoli attività del Club e di Fondazione Milan sul sociale. Tutto questo, in un contesto di carenza di contenuti per i nostri stakeholders tradizionali, fattore che ha complicato le attività”.
Che cosa vuol dire fare comunicazione per una grande società di calcio?
“Vuol dire essere pronti all’azione 7 giorni su 7, praticamente H 24 e avere sempre il polso dei media e dei social, oltre che del sentimento dei fans. Vuol dire lavorare per un’azienda verso tutti i livelli di comunicazione: interna, commerciale, corporate, con alla base l’Area Sportiva e tutte le sue attività e dorsali. Non è quindi solo questione di business, organizzazione, prodotto o numeri, ma è anche e soprattutto questione di valori, passione, del cuore di milioni di persone. Sono leve molto delicate e sensibili, impegnative. In sintesi, molta emozione, tanto impegno. Un lavoro iper-immersivo”.
Quali sono gli aspetti più difficili e quali quelli più gratificanti del tuo lavoro?
“L’aspetto più impegnativo è il crisis management, che è sempre dietro l’angolo in un club calcistico. I motivi sono evidenti: un team è composto da almeno 35/40 soggetti, fra giocatori e dirigenti, tutti pubblici, tutti che rilevano, spesso rilevano tanto. Individualmente sono già una mini-azienda. Il Club è il loro aggregato, con alla base la massa critica della storia, il blasone, lo standing del Club. In cima al sistema c’è la proprietà. Tutto intorno, ci sono oltre 400 milioni di tifosi. Oltre al piano strategico di cross communication, con i suoi tempi di esecuzione e le sue scadenze, serve prontezza, rapidità , duttilità, senso strategico, per i numerosi piccoli e grandi momenti di crisi, mantenendo sempre ben chiara la visione, con l’interesse del Club avanti a tutto”.
Quanto ti è utile essere un giornalista ed essere stato “dall’altra parte”?
“Quasi 30 anni di attività con media vari (Radio, giornali e soprattutto TV) mi dà essenzialmente il vantaggio di capire, riconoscere e saper valutare le esigenze dei colleghi di stampa, TV, radio e piattaforme digitali. Conosco le esigenze, rispetto il ruolo, cerco di essere proattivo, agisco nei binari di una corretta relazione professionale. Talvolta mi trovo nella antipatica posizione di dover disincentivare delle richieste, il che mi rammarica, ma è necessario. Ripeto, il bene del Club avanti a tutto”.
Ci sono mai stati imprevisti o aneddoti particolari che puoi raccontare nei tuoi anni al Milan?
“Sono tanti e di vario tipo… ricordo un mancamento in piena conferenza stampa di una hostess, e mi sono meravigliato della mia rapidità a tenerla in piedi, nonostante i miei 2 metri e 110 kg, e alla fine andò tutto bene, oppure lo scambio di caramelline con Gattuso a fine partita. E’ diventato un rito. E viaggiare con Franco Baresi, uomo di poche parole ma con una fine ironia”.
Qual è il personaggio che ti ha colpito maggiormente come capacità di comunicazione?
“Ne cito tre in ambito Milan. Rino Gattuso ha saputo bruciare le tappe anche in comunicazione, con un miglioramento iperbolico. Alla base del suo successo ci sono onestà e una straordinaria capacità di fare subito la diagnosi del problema. L’onestà e la chiarezza pagano sempre. Stefano Pioli ha doti innate di dialettica e di empatia, è la dimostrazione che ci può essere altro oltre al calcio, e che per fare la differenza bisogna anche avere la capacità di guardare altrove e prenderne ispirazione. Spessore e qualità sono la base del suo talento comunicativo. Il presidente Paolo Scaroni è decisivo nella visione strategica, oltre che essere un purista della lingua italiana, cosa che di questi tempi è un valore aggiunto assoluto. Uno stile talvolta abrasivo, ma sempre un passo avanti rispetto agli altri”.
Il tuo sogno professionale
“Poter contribuire in modo significativo a un cambiamento in positivo del calcio e dello sport, per la società di oggi e le nuove generazioni. Sono cresciuto grazie ai valori dello sport e della famiglia, e mi impegnerò affinché possano essere alla base anche delle generazioni future”.