Abbiamo incontrato durante la fashion week Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera e consigliere comunale a Milano. Gentile, professionale, sorridente e positiva, così la descrivono gli addetti ai lavori, stupiti di vedere un politico così interessato al loro lavoro. Si perché la moda ha un rapporto di amore e odio con la ragion di stato, soprattuto in questa difficile fase in cui molte aziende tentano con le proprie forze di rialzarsi con orgoglio da un periodo non certo semplice. La paura che la visibilità che offre un brand possa essere strumentalizzata, rende il settore sempre molto distaccato da interventi governativi. In questa intervista “politically correct“, abbiamo chiesto all’Onorevole Gelmini di raccontarci le sue impressioni su questa anomala settimana della moda, sugli incontri che ha fatto e come pensa di contribuire al settore.
La Camera della moda ha comunicato i dati relativi alla Milano Fashion week con un incremento del 125% di visualizzazioni e il presidente Capasa ha detto che non si tornerà più indietro, il digitale continuerà a convivere con la moda. Siamo tutti digitalizzati da tempo eppure la sfilata in streaming sembra una novità… cosa ne pensa?
Sono d’accordo con il presidente Capasa, che ringrazio per aver dato vita a una Settimana della moda coraggiosa, audace, limitata ovviamente dai protocolli anti Covid. La moda guarda avanti e arriva così sui nostri smartphone: ognuno, in qualsiasi momento e in qualsiasi posto, può accedervi. Ma attenzione: il digitale non può e non deve sostituire le sfilate dal vivo. Comprendo chi ritiene che agli abiti serva movimento, tridimensionalità, atmosfera. Il fatto che ci siano nuovi modi di fruire la moda è indubbio, ora sta a noi far convivere con equilibrio il digitale e gli eventi in presenza.
Fino a che punto la politica deve occuparsi della moda? A volte gli stilisti e gli operatori del settore non sono molto felici che si usi il settore per fare politica. Cosa ne pensa?
La politica si è occupata sempre troppo poco di questo settore e capisco pertanto la diffidenza di alcuni stilisti. Ma la moda è lavoro, impresa, dà occupazione a milioni di famiglie. E’ la seconda industria italiana, vetrina del Made in Italy nel mondo, la politica e le istituzioni non possono disinteressarsi o non sostenerla. La moda non va strumentalizzata, ma aiutata. E se da parlamentare posso dare il mio contributo lo faccio volentieri.
Un suo post su instagram ha messo in luce una polemica di queste giornate, la Francia ha criticato molto il nostro Paese … alcuni pensano che sia stata sfruttata la notizia. Cosa succederà a Parigi in questa anomala fashion week dato che sono in semi lockdown?
Uno dei principali giornali francesi ha parlato di “fiasco”, un’uscita davvero infelice alla luce di tutti gli sforzi che Milano e l’industria italiana hanno fatto per dimostrare che la moda e il made in Italy sono più vivi che mai. Adesso passiamo il testimone a Parigi e tocca ai francesi riportare in passerella la moda, anche se la situazione in Francia è preoccupante, il numero dei contagi giornalieri continua ad aumentare. Le case di moda, per fronteggiare l’emergenza, hanno dovuto ridurre gli ingressi e in calendario ci sono anche assenze pesanti. Spero che riescano comunque ad affrontare questa Paris Fashion Week con responsabilità e in sicurezza.
Che sfilate ha visto e con chi si è confrontata in questi giorni?
Ho avuto l’onore di partecipare dal vivo agli eventi di Dolce e Gabbana, Luisa Spagnoli e Valentino, ho seguito invece in tv la sfilata di Armani, tramite social network quella di Elisabetta Franchi. In passerella non ho visto solo abiti, ma anche il coraggio di uscire dall’emergenza e ripartire, la voglia di tornare alla normalità. E poi ho avuto modo di confrontarmi con Tiziano Guardini, Gentile Catone, Bav Tailor e gli altri giovani designer del Fashion Hub Market di via Turati: materiali naturali e riciclati, silhouette geometriche ispirate al design, brand made in Italy e attenti all’eco-sostenibilità. Tutte collezioni meravigliose, la sostenibilità è la vera sfida.
Come ha trovato Milano? Molti negozi sono chiusi o sono in vendita…
Dopo i mesi bui del lockdown, Milano con questa Fashion Week si riconferma capitale della moda, della creatività, del talento e del Made in Italy. Questo però non basta per risolvere la crisi che stanno attraversando numerose attività commerciali. Negozi e botteghe storiche che non hanno avuto la forza di rialzare la serranda e ripartire, anche a causa della mancanza di turisti e dello smart working che svuota pian piano le città. E anche se ci spostiamo a Roma o Firenze purtroppo la situazione non cambia. Il timore è che si chiuda per non riaprire più.
Di concreto cosa si sta facendo per chi ha problemi economici nel settore… ci sono anche tantissimi giovani che non trovano occupazione nel mondo della comunicazione e degli eventi perché sono stati tagliati tutti i budget. Soluzioni?
Gli esercizi commerciali hanno subito ingenti danni, a causa della totale assenza di ricavi e dell’obsolescenza della merce che è rimasta per la maggior parte invenduta. Pur stando all’opposizione in Parlamento, siamo riusciti ad ottenere l’introduzione di un credito di imposta pari al 30% sulle rimanenze finali di magazzino. E poi abbiamo aumentato sino a 30 milioni di euro la dotazione prevista dal decreto Liquidità e destinata alle aziende che, a causa della pandemia, non hanno potuto partecipare a fiere e manifestazioni commerciali in Italia. Per i più giovani abbiamo istituito un Fondo di 5 milioni di euro per gli stilisti emergenti e le start up creative.
Anche il mondo della comunicazione e degli eventi è stato pesantemente colpito, tante partite Iva si sono ritrovate senza un’occupazione. Dobbiamo trovare forme di convivenza con il virus senza mettere in pericolo i posti di lavoro.
Ha visto la sfilata di Armani in tv? Cosa pensa di lui?
Certo, è stata una serata di grande spettacolo. Per la prima volta il suo talento in tv, nelle case degli italiani. Ho apprezzato la scelta di spostare le sue sfilate da Parigi a Milano, è stata una decisione importante per il capoluogo lombardo, per l’Italia e per l’intera filiera italiana della moda.
A fine anno si conteranno i danni… cosa si aspetta dal Governo?
Il governo non può continuare ad ignorare questo comparto, basti pensare che nei progetti per il Recovery Fund non c’è mai la parola “moda”. Sto lavorando in Parlamento affinché ci sia spazio nel Recovery Plan per il made in Italy e mi aspetto che il ministero dello Sviluppo Economico emani senza ulteriori ritardi il decreto applicativo necessario per attuare il Fondo di 5 milioni destinato ai giovani designer. Non c’è tempo da perdere.
(foto @stefanotrovati/SGP)