Emergenze, conti che non tornano, gestioni quantomeno fantasiose di situazioni complesse, rappresaglie e tirate d’orecchie dagli altri paesi… Eppure, nell’ambiente della moda gli italiani si sono sempre permessi il piacevole lusso di camminare a testa alta e, gergalmente detto, di “tirarsela un po’”.
È assodato che, soprattutto da un tot di stagioni a questa parte, molti geni creativi del fashion system internazionale hanno avuto natali tricolori. Anche quelli che ora portano lustro a case di moda lontane dai nostri confini.
Più complesso sembra far capire, soprattutto a una, ahinoi, sorda falange nazionale, che la moda non è solo vestitini e borsette, che vanno ad accatastarsi a mo’ di inutili orpelli negli armadi di annoiati e spendaccioni consumatori. I dati parlano chiaro e, pandemia a parte che ha ridotto i bilanci di tante, troppe aziende, il settore dell’abbigliamento dà una spinta essenziale per far girare l’economia di questo Paese. Con una certa lentezza, sembra, però, che anche questa notizia stia penetrando nel sentire comune.
Così come è certo che la moda, in generale, grazie alle sue visioni, ispirazioni e aspirazioni contribuisca a una sorta di autocoscienza culturale, che non fa mai male, in particolare in tempi come questi in cui tutti gradiremmo fare indigestione di bellezza.
Proprio a questo riguardo, da questa ultima ventata di haute couture, presentata esclusivamente online, è emerso che quei pezzi unici di alta sartoria possono essere anche una sorta di volano turistico e promozionale per l’Italia. Non solo perché portano alla luce la maestria dei nostri atelier, ma anche perché questa fashion week è stata parigina sulla carta, ma molto tricolore nei fatti.
Giorgio Armani aveva già da tempo dichiarato che avrebbe voluto dar vita a un’ode alla sua città con la collezione astagionale Privé. E così è stato con In Omaggio a Milano, trasmessa in tutto il mondo da Palazzo Orsini, sede degli atelier dell’azienda, che si sono fatti ammirare in tutto il loro splendore, tra affreschi e stucchi. Quasi a evitare fraintendimenti, se le immagini non fossero bastate, Giorgio Armani, durante la preview, ha ribadito il suo amore per la metropoli: «L’altro giorno guardavo Milano, così vuota, ma così piena di un’eleganza non esibita con i suoi palazzi e le sue vie. Puoi camminare tranquillo, senza essere necessariamente rincorso da qualcosa o da qualcuno. Parigi è bellissima, certo, ma è un po’ tutto troppo wow, Londra è sempre un po’ inquietante e New York è davvero troppo. Ma qui si vive bene, è un’isola di pacatezza. E ho preso ispirazione da questa città per la mia collezione dedicata a una donna di un’eleganza sottile, appunto, pacata».
Nella stessa giornata, un’altra città italiana era protagonista: Roma. Valentino, infatti, ha ambientato proprio nella sala grande di Palazzo Colonna la passerella della sua haute couture primavera/estate Code Temporal. «Questo luogo mi è sembrato adatto – ha raccontato il direttore creativo Pierpaolo Piccioli – perché ha in sé la maestosità dell’arte barocca, ma è anche un posto privato e, quindi, intimo, come gli abiti che ho pensato. Un crash estetico che può creare anche qualche elemento di disturbo, ma per questo affascinante». E gli specchi, gli ori e i marmi hanno fatto da sfondo a una collezione eccellente e riversato la loro luce per tutto il globo di Internet.
Una maison dal dna esclusivamente francese come Dior, poi, si è spostata in Toscana, precisamente presso il castello di Sammezzano per mettere in scena una pièce tra fantastico e umano, grazie agli abiti di Maria Grazia Chiuri e al racconto di Matteo Garrone. Così, un luogo poco conosciuto si è ritrovato al centro dell’attenzione e curiosità mondiale.
In due giorni, insomma, un grande racconto delle bellezze del nostro Paese ha messo da parte per un poco i viali e i ricchi palazzi parigini, facendo un altro grosso favore all’azienda Italia.
Sarà mica che “Italians do it better”, che ogni tanto ci diciamo per autocelebrarci, sarà vero? O magari sarebbe meglio dire Italian fashion does it better…