C’è un bizzarro teorema che afferma che più gli orli delle gonne si accorciano più la crisi economica sarebbe lontana. In tal caso le passerelle di Milano potrebbero essere un buon segnale di ripresa o, almeno, un ottimo auspicio. Fatto sta la “sexytudine” è tornata alla ribalta. Chissà, magari è una rivolta estetica a tute, dispositivi di protezione e gambe censurate dalle videocall. Ma, di certo, già Valentino nella sua fall/winter aveva proposto gonne e abiti ben sopra il ginocchio, pur avendoci Piepaolo Piccioli abituato da anni dalla longuette in giù.
Per la primavera/estate, invece, il corpo in vista sembra essere un dictat. In prima linea, ovviamente, i soliti noti, come Roberto Cavalli by Fausto Puglisi, Versace o Blumarine, che con Nicola Brognano è diventato sinonimo di ombelico in mostra. Ma il gioco della seduzione sembra aver coinvolto anche alcuni insospettabili come Prada, Philosophy, Missoni, che ha virato molto su miniabiti, top e beachwear. A loro modo, naturalmente. Dolce&Gabbana, poi, hanno rinverdito gli anni Duemila che furono a uso e consumo delle generazioni nate successivamente e digiune del passato, tra mini, bustier ridotti all’osso ed elastico degli slip ben in evidenza.
Solo qualche tempo fa, in pieno #metoo, proposte del genere non sarebbero nemmeno circolate negli uffici stile e non avrebbero mai nemmeno sfiorato la passerella. Pena la gogna sociale e social.
Sembra un’era fa, ma il 27 settembre del 2009, Suzy Menkes, allora inviata dell’International Herald Tribune, scriveva, in un reportage intitolato “Blame It on Berlusconi”, che nel capoluogo lombardo si erano visti abiti piuttosto “saucy, sassy and sexy”, etichettando, con fare dispregiativo, questi look come “da velina”.
Adesso qualcosa sembra cambiato. La vincitrice del LVMH prize 2021 è Nensi Dojaka, che, da donna e come donna, costruisce capi sul mostrare il corpo femminile e, appunto, sulle passerelle milanesi sul sexy, anche sfrontato, non viene affatto puntato il dito, ma solo gli applausi.
E questo solo un attimo dopo il #metoo, mentre si discute sul lato b seducente e un po’ troppo in mostra della statua della Spigolatrice di Sapri (ideata da un uomo e svelata da politici uomini) e mentre le battaglie per una parità di genere non sono affatto sopite e presumibilmente nemmeno vinte, quando l’inclusività, di cui tutti parlano con fervore e passione, non è, purtroppo, ancora un dato di fatto e nel momento in cui il corpo della donna, ma pure dell’uomo, è spesso oggetto e non soggetto e soppesato un tanto al chilo.
Eppure c’è qualcosa di diverso. Senza rendersene nemmeno bene conto, le donne stanno acquisendo una nuova consapevolezza e sono pronte a mostrarsi per se stesse, qualche centimetro di pelle in più incluso, senza timori, anche con sensualità, ma in nome di una nuova libertà che esula dagli altri e dal loro giudizio. Se così fosse sarebbe davvero una bella notizia, anche più della risalita delle borse.
Bell’articolo; ricco di richiami, riferimenti e con un valido contenuto sociale