La crisi del settore automobilistico ha conseguenze anche sui punti di vendita che, secondo una ricerca effettuata da Quintegia, hanno subito una contrazione, dall’inizio dell’anno, pari al 7%, rispetto allo stesso periodo del 2023. Lo studio, elaborato con i risultati del Dealer Network Study, ha preso in esame 19 brand generalisti (Fiat, Volkswagen, Toyota, Dacia, Ford, Renault, Peugeot, Citroën, Hyundai, Kia, Lancia, Opel, Nissan, Suzuki, Skoda, MG, DR, Seat, Honda) e 12 premium (Jeep, Audi, Bmw, Mercedes, Alfa Romeo, Mini, Cupra, Volvo, Mazda, Land Rover, Porsche, DS). Un orientamento, ormai in atto da diversi anni, amplificato, poiché il numero degli imprenditori totali (reti di vendita, franchise e mandanti) si è assestato a 776 unità, in calo del 14% rispetto al 2023. Una realtà simile riguarda anche le ragioni sociali, scese sotto le 1.000 entità, con una flessione del 15%. La situazione è dovuta essenzialmente alla riorganizzazione delle reti, a discapito delle aziende di piccole dimensioni e di quelle non multi-brand, il sintomo di una tendenza delle Case automobilistiche a concentrare l’attività commerciale nelle mani di meno attori, preservando, per quanto possibile, la copertura nel territorio.
Questo scenario si riflette, pressa poco, in egual misura, sulle reti autorizzate di assistenza, l’andamento è simile, con i costruttori orientati a concentrare sempre di più il business nella rete primaria, con circa 4 imprenditori su 10 che rappresentano esclusivamente un marchio, contro i 5,4 del 2015. Di conseguenza sono cresciute le attività multi-costruttore, quelle che rappresentano brand differenti, dovuti all’ingresso nel mercato, negli ultimi anni, dei nuovi competitori asiatici. Una ricerca presentata dalla Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa (Cna) della Lombardia, ha confermato che il ruolo dell’automotive e della logistica è sempre centrale per tutta la regione. Le aziende del settore sono cresciute in dieci anni del 13%, quelle della logistica, invece, si sono contratte del 3%, pur se il numero degli addetti è aumentato, rispettivamente del 14% e del 32%. L’89,2% di queste società, sempre situate nell’area che ha come capitale la città di Milano, sono di fatto micro imprese (quasi otto su dieci), unicamente l’1,2% possono essere definite grandi. La filiera ha un forte impatto anche sull’export regionale, ha pesato, nel 2023, per oltre 6 miliardi di euro. Anche il personale dell’intero compartimento che contempla circa 96.500 persone (il 2,3% del totale lombardo), opera, per il 45,4%, in attività più che altro commerciali, con meno di dieci dipendenti e con un fatturato che non supera i 2milioni di euro.