Auto

Mar 25 …MANDANO A CASA IN ITALIA E COSTRUISCONO IN POLONIA…

di Bianca Carretto

Ieri Stellantis ha siglato con i sindacati italiani un accordo per favorire, con nuovi incentivi, le uscite volontarie di altri dipendenti, ma la Fiom  non ha firmato l’intesa.  Di fronte a questa spinta data ai lavoratori per andarsene dalla propria azienda – le procedure di uscita si spalmeranno per tutto il 2024 – inutile entrare nei dettagli, logicamente la transizione comprende, in primo luogo, chi è già in avvicinamento alla pensione. Per molti dipendenti questo è l’inizio di un’ultima traversata che porterà alla fine della loro avventura lavorativa, smentendo le recenti dichiarazioni dell’amministratore delegato di Stellantis  Carlos Tavares, sul futuro degli investimenti che sarebbero stati operati in Italia. Affermazioni che non corrispondevano alla situazione reale, poiché come ha sottolineato subito la Fiom “stiamo assistendo ad una lenta dismissione delle fabbriche anche attraverso il continuo utilizzo degli ammortizzatori sociali”. Il domani della nostra industria non si costruisce senza assunzioni, in particolare di giovani, quando, al contrario, i collocamenti vengono fatti in altri paesi. E non serve trincerarsi dietro al processo di transizione in atto nel comparto dell’automobile, queste sono le sfide che tutte le case stanno affrontando, cercando, invece, di sfruttare le opportunità di crescita e di innovazione che portano ogni rivoluzione, verso quel processo di decarbonizzazione prevista entro il 2035. L’impianto di Cassino è sottoutilizzato, da tempo è stata annunciata la piattaforma elettrica Stla Large, senza avere certezze su quali modelli saranno realizzati. A Melfi, dove attualmente vengono assemblate la Fiat 500X e le Jeep Compass e Renegade, si attende l’arrivo della base medium, la Stla Medium, anche in questo caso totalmente sconosciuto il numero delle vetture che potranno utilizzarla. Pomigliano D’Arco forse si salva, sino al 2027,  le linee, da giugno, saranno attive grazie alla produzione della Pandina che non è altro che un copia incolla della vecchia Panda e sull’Alfa Romeo Tonale si lavora su un solo turno. Il cuore della Fiat di un tempo, Mirafiori è in condizioni disperate, lo scorso anno sono state costruite non più di 80mila vetture, la generazione della Maserati Levante ha terminato il suo percorso, è stato stabilito il ricorso  ai contratti di solidarietà, sino al prossimo dicembre. Sempre il promesso avvio, a Torino, del Battery Technology e allegati, non consentirà alcuna crescita occupazionale, poiché le attività di ricerca e sviluppo sono stagnanti. L’elenco prosegue con Termoli destinata a divenire una gigafactory che entrerà, però, a pieno regime, soltanto nel 2029. Pure la joint venture prevista con la casa cinese Leapmotor, che pareva favorisse la produzione della Fiat 500 elettrica a Mirafiori, ha cambiato rotta, dirigendosi verso il sito di Tychy, in Polonia. Un’altra delusione che si somma alla pressione effettuata da Stellantis – la multinazionale con la testa a Parigi e i libri contabili in Olanda – nei confronti di alcune aziende fornitrici italiane perché portino i loro impianti in altre nazioni low-cost, per abbattere i costi.

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