Moda

Ott 16 POLEMICHE UN PO’ SOFT

di Cristiana Schieppati

Non so voi ma a volte mi arrivano mail un po’ troppo spinte che mi invitano a contattare ragazze e ragazzi su chat. Saranno le troppe parolacce che ogni tanto mi scappano e che il mio iPhone interpreta come richiesta di aiuto in altro senso. Tant’è che quando ho ricevuto una mail che come oggetto aveva SOFT REMINDER per un attimo ho pensato ad un invito su Tinder. Invece si trattava degli amici di Colmar che mi ricordavano di partecipare alla conferenza stampa per il loro anniversario. La moda raramente è soft, molto più spesso è hard, specialmente quando si può polemizzare.

Prendiamo quella che ha tirato in ballo Imran Amed su BOF riguardante la coda fuori dai negozi. Ovviamente io mi ero già lamentata un anno fa su TikTok per un’esperienza pessima da Hermès e anche la mia collega “di sella” Paola Saltari aveva fatto notare come fuori da Chanel ci fossero code infinite di persone che, non si sa, se siano o no futuri acquirenti una volta entrati. Comunque sia il tema è: il lusso si concilia con una coda e un’attesa infinita quando il tempo a disposizione è sempre meno e, per definizione, dovrebbe essere invece un’esperienza che ti fa sentire speciale? Parliamoci chiaro secondo voi perché la tote bag di YSL a 55 € è diventata virale sui social ed è sempre sold out? (se volete maggiori delucidazioni guardate il video della mia amica @fashionflashofficial). Non paghi il prodotto in se ma l’esperienza di lusso, perché con poco ti garantiscono lo stesso packaging e la stessa attenzione che riceveresti se avessi comprato una borsa da oltre mille euro ( prezzo base di ogni altro prodotto). Insomma i miliardari le borse se le fanno arrivare a casa e le celebrities hanno il negozio chiuso tutto per loro, noi umani ci troviamo con un numerino in attesa. Ma suvvia, non prendiamo più la scusa del covid che quando fate eventi o sfilate siamo tutti ammassati che l’alito del vicino mi fa cotonare i capelli. Il lusso deve farmi sentire come la principessa del Qatar, come Kate Middelton, come una qualsiasi delle dame che vengono ripostate su @lepiuaffascinantidimilano ( e non ) .

Comunque sia ho sfilato, e l’ho fatto “per” bene, non bene. Patrizia Marras mi chiama in contemporanea con l’amica Maria Mantero e mi dicono “ti vorremmo con noi a Firenze per una sfilata importante”. Mi è bastato il loro invito e ho detto si anche se quando ho saputo che c’era anche Carlotta Marioni un po’ mi è venuta l’ansia. Cavolo cosa mi metto per partire che se mi fa un video qui sono fregata! Carlotta lo sai ti voglio bene, e poi se non ti cito so che ci resti male! Comunque sia sono partita per Firenze e ho partecipato ad un progetto d’amore. ANTONIO MARRAS ha creato degli abiti per 20 pazienti oncologiche che sfilando hanno lanciato un messaggio di speranza e di solidarietà ( l’articolo con il link alla sfilata lo trovate nel pezzo a seguire). Tra le ospiti anche Giulia Valentina che ha voluto esserci perché è importante sostenere e raccontare un percorso che può colpire tutti noi e che a volte, con timori e vergogna, non ci permette di affrontare anche le fasi della prevenzione e del controllo, importantissime per contrastare la malattia. Alla fine con lei abbiamo parlato di borse, Giulia ne aveva una bellissima di Loewe (prezzo su mytheresa € 1,700 euro) realizzata con un intreccio di pellami dai vari colori. Parlando tra donne ci lamentavamo di come le bag iconiche siano diventate carissime e di quante volte ci dobbiamo frenare negli acquisti a prezzo pieno. Per fortuna c’è il mio amico Domenico Zambelli che ogni tanto mi manda degli inviti speciali.

Tornando alla sfilata di Marras, che è nata anche da una bella collaborazione con il Corriere della Sera e, come mi ha raccontato Paola Pollo è stata anche un’evoluzione di quanto già successo lo scorso anno a Milano, non sono mancate le polemiche. Si perché il brand Raptus & Rose ha rivendicato la paternità dell’idea con un post sulla sua pagina IG. Mi permetto di dire la mia ( non so stare ziiiittaaa – scritto così per i tiktoker) , perché so cosa significa la frustrazione di vedere le proprie idee copiate o imitate. La moda è piena di eventi “replicativi” , pensiamo alle cene con tavolata imperiale che sono un format oramai imitato da tutti, la sfilata stessa è un evento che, almeno a noi addetti ai lavori, dopo un po’ ci manda in crisi perché a fine fashion week ci sembra tutto uguale. Ma in questo caso non stiamo parlando di moda e nemmeno di visibilità. Stiamo parlando di un messaggio importante in un mese che è dedicato alla prevenzione e dove tutti noi dobbiamo fare qualcosa per essere solidali e allo stesso tempo far vedere che si può uscire da un tumore. Il cancro non è una parola di moda, è un animale che si annida e distrugge speranze, vita, futuro e , soprattutto per noi donne, spesso annienta la nostra femminilità. Non sapete quanto è stato bello vedere quelle signore sorridere, giocare con trucco e parrucco, sentirsi belle. Ecco questa non è moda, non si deve paragonare a un marchio, non si deve definire un’iniziativa commerciale. Questo è un messaggio e se tutti lo vogliono replicare, invece di dare spesso visibilità a personaggi inutili, allora io sarò sempre da quella parte. Anche in termini di formazione degli artigiani molti brand (oggi la notizia di Bottega Veneta ma già molte realtà lo fanno come Geox) stanno investendo con accademie e percorsi di formazione per i giovani artigiani. Vogliamo dire che si copiano l’idea gli uni con gli altri o vogliamo vedere l’investimento sui giovani e sul loro futuro? C’è chi dice “purché se ne parli” o chi ” meglio non commentare”. Io dico che a volte bisognerebbe guardare con occhi diversi.

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