Un’ulteriore conferma del crollo delle vendite di auto in Europa arriva dal dato di maggio: 948.149 vetture immatricolate, un meno 12,5% sullo scorso anno (mancano all’appello 135mila unità) ma un calo, ancora più pesante – del 34% – se confrontato al 2019, con l’Italia costantemente fanalino di coda tra i cinque maggiori mercati (meno 15,1%), dall’inizio dell’anno. Le ragioni di questa crisi sono molte, a partire dal voto dell’ Europarlamento di pochi giorni fa, che ha annullato la circolazione dei veicoli a benzina e diesel entro il 2035, decisione che costringerà i costruttori ad investimenti epocali – non tutti sono in grado di effettuarli, per cui arriveranno riduzioni massicce di personale per tutta la filiera – e i Governi dei vari paesi dovranno accelerare la messa in opera delle strutture necessarie. Paolo Scudieri, presidente Anfia, ha precisato che “lo stop ai motori a combustione termica rischierebbe, se confermato, di mettere in difficoltà gli equilibri del nostro sistema industriale e sociale.” Marco Stella, presidente del gruppo componenti Anfia ha calcolato almeno 73mila posti di lavoro a rischio, di cui 63mila tra il 2025 e il 2030 e il passaggio all’elettrico, senza una capillare estensione di colonnine di ricarica, non potrà mai avverarsi. L’Acea, l’associazione europea delle case di auto, ne chiede per il 2030, almeno 5 milioni, diffuse in tutto il Continente (attualmente sono 300mila). Andrea Cardinali, direttore dell’Unrae, ha sottolineato altre problematiche che ci riguardano direttamente: “i 180 giorni per immatricolare le auto incentivate sono irrealistici considerando l’attuale crisi delle catene di fornitura e l’esclusione dal beneficio proprio delle persone giuridiche, il motore naturale della transizione.” Inoltre il Ministro Roberto Cingolani ha definito “falsa l’idea che l’auto elettrica sia una soluzione ecologica, anche a causa di mancanza di energia disponibile per alimentare le batterie. Sarebbe meglio liberarsi di un’auto Euro 3 a favore di una Euro 6 o di un’ibrida e tenersela per 7/8 anni”. È di poche ore fa la notizia di un nuovo fermo di una settimana dello stabilimento Stellantis, di Melfi, a causa della mancanza di semiconduttori. Indispensabile che le case – senza nessuna astensione – prendano la situazione in mano, unendosi, per fare fronte comune, tentando l‘impossibile con le proprie strutture governative, prima che sia troppo tardi.