“Un ritorno a casa”. Inizia così il colloquio con Stephan Winkelmann, nuovamente presidente e ceo di Lamborghini, dopo aver ricoperto lo stesso ruolo dal gennaio 2005 al marzo 2016, per andare in Francia ad occuparsi di Bugatti, anche questo uno dei dodici brand del gruppo Volkswagen.
“Ho passato la stragrande maggioranza della mia vita in Italia, sono cresciuto a Roma, ho vissuto a Torino e a Bologna – precisa il manager – e sento questo Paese come la mia seconda patria. All’interno del nostro gruppo viviamo come in una famiglia allargata, esiste un gioco di squadra particolare, possiamo intercambiarci ma lavoriamo, uniti, per raggiungere dei risultati fuori dal comune”.
– L’Italia che trova non è la stessa di cinque anni fa….
“ In Francia ho vissuto entrambe le due ondate della pandemia e spostandomi spesso anche in Germania ho toccato la tragedia che sta colpendo il mondo, certo l’Italia, in questo momento, tra le grandi d’Europa, insieme alla Spagna, è una delle più deboli dal punto di vista economico, manca una politica chiara per quanto riguarda l’ assetto industriale.”
-Quale futuro per un marchio elitario come Lamborghini?
“Chi acquista una nostra vettura compera un sogno, dobbiamo continuare a creare delle auto da sogno e un mondo che le circonda. In questi anni sono stati raggiunti traguardi eccezionali, la direzione è quella giusta, sono molto ottimista, naturalmente non dobbiamo abbassare la guardia, lo sforzo è sempre altissimo.
Urus è stata l’auto della svolta, la macchina per tutti i giorni, ci ha permesso una solida stabilità, consentendoci di continuare ad investire nel mercato delle supersportive, abbiamo fondamenta sicure.”
-Potrà esserci un’ auto di un segmento basso?
“No, noi con la mitica Aventador abbiamo evidenziato il nostro Dna, l’eccellenza in assoluto, ci ha indicato la strada, con Urus, quattro porte e quattro o cinque posti, abbiamo dimostrato di poter offrire, in quel segmento , qualche cosa di
esclusivo. Il nostro futuro avrà sempre come base il concetto di una supersportiva, anche quando realizziamo suv. Guardiamo alle nostre radici, ci rimettiamo in discussione ogni giorno, il passato ci fornisce esperienza, è necessaria una costante umiltà di approccio per mantenere un marchio che rappresenta nel mondo il made in Italy.”
-Lei si occupa anche di Bugatti, i due brand possono convivere?
“Si benissimo, sono posizionati in maniera diversa, senza sovrapporsi, dobbiamo guardare alle loro origini. Ettore Bugatti era un signore che oltre ad essere un perfezionista, ha anticipato diversi aspetti del settore automobilistico, si è occupato di marketing, ha creato la Formula 1 di allora, è stato un innovatore realizzando le prime grandi limousine. Ferruccio Lamborghini ha sempre pensato ad una super sportiva, per dimostrare di avere la miglior auto del mondo , noi abbiamo cambiato la storia, siamo riusciti a trovare l’altra svolta, le nostre macchine dispongono di due anime, una esalta potenza e accelerazione, l’altra il confort, in modo da essere utilizzate tutti i giorni, pur mantenendo un limite di produzione, per continuare ad essere il brand più esclusivo che esista. Per Bugatti abbiamo creato una nicchia, una manifattura dove vengono assemblati 100 pezzi all’anno”.
-La Bugatti potrebbe ritornare ad essere prodotta in Italia?
“No, ormai la sua natura è francese, è parte del mondo del lusso di quella nazione, la Lamborghini invece è consolidata nel territorio nazionale, abbiamo aperto una seconda fabbrica, occupiamo più di 1.800 dipendenti, oltre 700 assunti negli ultimi quattro anni, senza quantificare la ricaduta sull’indotto.Nel 2019 sono state costruite 8300 unità, di cui più del 90% esportate globalmente, questa è la nostra grandezza.”