Una tempesta perfetta, un ipotetico uragano che colpisce esattamente l’area più vulnerabile, in questo caso, di un settore specifico. “ Sbagliato vedere l’elettrico come unica soluzione per il futuro dell’automobile”, lo dice Paolo Scudieri, numero uno di Adler Group, specializzata nella lavorazione di materie plastiche. “ Il processo di transizione energetica voluto dall’Unione Europea – ribadisce – limita la nostra libertà, in un momento in cui il mercato sta vivendo nell’incertezza, al contrario dobbiamo essere in grado di aggredirlo. Ci vuole chiarezza, la neutralità tecnologica da maggiore spazio a tutto il settore dell’automotive, componentistica compresa. Le aziende devono puntare ad una crescita non solo nel nostro territorio, ma a livello internazionale, per agevolare l’interesse anche di investitori stranieri. Noi abbiamo fabbriche e ingegneria all’avanguardia, possiamo competere in un contesto sempre più globale. Non dobbiamo cedere un settore che ha sempre rappresentato una forza economica , sostenendo la crescita dell’occupazione e i volumi dell’export.
Questa è la strada da perseguire, agevolando il noleggio ed il leasing sociale” . Anche i costruttori dell’Impero di Mezzo hanno iniziato a giocare a carte scoperte, per vincere la partita , conquistando il primo posto tra i produttori di auto. Erano convinti di invadere il mondo, sicuri di accelerare sui tempi rispetto ai concorrenti, sia sull’architettura dei software che sull’hardware, ma portando , al momento del lancio dei modelli, livelli di qualità inferiori agli standard occidentali. Per le case europee pareva una minaccia che poteva minare la loro esistenza, tanto che nella sua Renaulution, Luca de Meo, ha anticipato lo sviluppo della R5 in tre anni, la futura Twingo lo sarà in due ( grazie alla collaborazione dell’ingegneria cinese), con l’obiettivo di scendere, per sempre, a cento settimane. La corsa si gioca anche all’interno degli stabilimenti, i grandi nomi controllano ormai l’assemblaggio in modo totale, cercando di ottimizzare tutti i processi di fabbricazione, passando automaticamente, a investimenti più leggeri. Improvvisamente, le case cinesi hanno scoperto di essere in un numero sempre maggiore, con siti sovradimensionati.
Nel 2023 la loro capacità di produzione di vetture elettriche equivaleva a 2,1 volte la domanda interna e 1,2 volte quella globale. Ma il mercato di Pechino si è rallentato, dopo anni di forte crescita, infuria una guerra sui prezzi, scesi del 12% in soli dodici mesi e i piazzali sono pieni di automobili nuove invendute. In questo contesto è difficile generare un flusso di cassa positivo, anche se i loro costi sono inferiori- tra il 17% e il 24% – rispetto a quelli dei concorrenti. Gli Stati Uniti hanno chiuso le loro porte, come i paesi emergenti, quali il Brasile, l’Indonesia, la Turchia. La sovraccapacità è ancora peggiore tra i produttori di batterie da sempre da loro dominate, rappresentavano il 150% della domanda ora arrivata al 61%, con i prezzi crollati del 45%. Almeno 19 progetti di gigafactory di batterie sono stati annullati o rinviati, tanto da ridurre la capacità produttiva del 3%, sino al 2030. Per esempio,la start-up Leapmotor è in grado di costruire 800mila unità all’anno, ma nel 2023 ne ha consegnate solo 144mila, spera, grazie all’accordo siglato con Stellantis di vendere i suoi modelli a livello internazionale.