C’era una volta l’auto italiana… è l’inizio di una favola dal finale felice? Eliminando quel fazzoletto di terra, in Emilia Romagna, battezzato Motor Valley, dove diversi imprenditori portano avanti la nostra storia industriale – parliamo di Lamborghini, Pagani, Ferrari, Estrema, Dallara, Maserati, Bugatti – con volumi che, purtroppo, non sono quelli della grande produzione di serie, la situazione non è proprio rosea per un settore che occupa circa 166mila addetti. E non si può dare la colpa al diverso rapporto che esiste ora, tra le persone e i veicoli, avviato verso l’utilizzo combinato di differenti mezzi di trasporto, in Italia si vendono ancora tante automobili, nel 2022 sono state 1,3 milioni, quelle immatricolate nel primo semestre dell’anno contano già 841.343 unità, il 23% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Pochi giorni fa l’amministratore delegato di Stellantis ( società nata dalla fusione di Psa e Fca), Carlos Tavares, ha incontrato a Roma il Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso – una giornata infelice poiché era in corso lo sciopero nazionale dei metalmeccanici – dove in mezzo a tante parole non si è trovata una data certa riguardo al futuro della produzione. A Torino, per esempio, sorgerà il primo Polo dell’Economia Circolare di Stellantis, sempre nel capoluogo piemontese verrà installato il Battery Technology Center e un impianto di cambi eDCT da montare sui modelli ibridi ed elettrici. Nel sito di Atessa la piattaforma del Fiat Ducato avrà varianti anche per i veicoli commerciali di Citroen e Peugeot, nello stabilimento di Cento è stata definita una business unit dedicata ai motori industriali e via di questo passo. A Melfi è stato ipotizzato l’assemblaggio di una quinta auto, attualmente la fabbrica lavora su 15 turni al montaggio, con una produzione di 425 auto per turno che fanno, al giorno, 1.275 pezzi, per settimana 6.375 che significano, all’anno, togliendo i giorni non lavorativi, circa 255mila veicoli, infatti sono stati richiesti ulteriori esuberi. Nel 2018, nonostante la scomparsa di Sergio Marchionne e il fermo produttivo della Fiat Punto, solo con la Fiat 500x e la Jeep Renegade, era stata raggiunta la quota di circa 315mila unità. Per salvare l’occupazione non è sufficiente riproporre due nomi iconici come Topolino e 600, che non sono altro che la copia della Citroen Ami e della 500x, rispettivamente costruite, la prima in Marocco, la seconda in Polonia. Per l’Italia non vi è nulla di esaltante, queste non saranno mai auto italiane, solo l’impianto di costruzione determina la nazionalità, imprime, come un cognome, l’origine del prodotto. Il piano di rilancio dell’Alfa Romeo pareva cominciato con l’uscita del suv Tonale, doveva dare una immagine diversa al marchio, per passare da emozionale a razionale. Ma il brand, da oltre 100 anni, ha generato, prima di ogni altro, sentimenti ed emozioni, i legami con la tradizione non si possono interrompere. Di Alfa Romeo nei primi sei mesi 2023 ne sono state immatricolate 14.611 di cui 1.176 Tonale, nella versione ibrida plug-in. La tutela dell’immagine commerciale di un marchio non può essere sostenuta da un solo modello ha bisogno di avere immessa, costantemente, linfa vitale. Al 30 agosto, presso il Museo di Arese, dovrebbe essere presentata l’Alfa Romeo 6C, l’ultima volta in cui verrà adottato il motore V6 della Giulia Quadrifoglio, con 600 cavalli ( dopo il Biscione si dedicherà solo all’elettrico) , una vettura che, anche se costruita in pochi esemplari, avrà l’importanza della dimensione di un sogno, quella metamorfosi che ci porta al cambiamento, alla trasformazione di un oggetto in un altro, pur di forma e natura differente. E’ sufficiente ricordare che Enzo Ferrari aveva legami stretti con l’Alfa Romeo prima di fondare la propria società. Unioni simili vivono ancora tra i marchi italiani, possono condurre quasi alla composizione di un albero genealogico, Stellantis deve portare avanti la cultura dell’auto nazionale che risale all’inizio della nostra industrializzazione, l’elemento forse più importante per la società moderna, iniziata con la Fiat, il brand lanciato da un gruppo di imprenditori guidati dal senatore Giovanni Agnelli. Così è nato il mercato automobilistico negli anni novanta dell’Ottocento, per questo non si può concepire la fine della Fiat relegata ad essere rappresentata solo dalla 500 o da veicoli commerciali. Il Lingotto da sempre è stato un luogo cruciale non solo per la vita torinese, era considerato quasi una cattedrale, con la pista di collaudo come corona, su cui atterrava, con l’elicottero, l’avvocato Gianni Agnelli per provare direttamente l’ultimo modello, appena prodotto. Un’isola felice, che si distingue in un panorama sfocato, si trova in Molise, a Macchia d’Isernia, dove Massimo Di Risio, un industriale illuminato e geniale, che nel 2006, con volontà e coraggio, ha inventato la DR Automobiles, sforna ben otto modelli tra cui una city car completamente elettrica, che si ricarica in soli 35 minuti. Importa dalla Cina componenti di autovetture dalle case Chery Automobile, Jac Motors e Baic Group, per assemblarle in Italia, su licenza, sotto i nomi di quattro brand – Dr, Evo,Sportequipe, Ickx – per commercializzarle nelle proprie sedi italiane, dove è contemplato anche il noleggio. Dopo aver superato, nei primi anni diverse crisi, causate proprio dai rapporti mai definiti con Fiat,viene avviata la vendita con la catena di supermercati Iper, creando uno stabilimento dove lavorano più di 200 dipendenti e una propria rete di distribuzione con oltre 200 concessionari e 250 officine autorizzate, toccando, nel 2022, la soglia di 25mila immatricolazioni. Nello stesso tempo sono state aperte anche alcune filiali in Europa.