In questi giorni si parla della mostra che, al Museo del Tessuto di Prato, è dedicata (fino al 22 settembre) a Walter Albini.
Mi accorgo, però, che poco vengono ricordati gli inizi della sua attività che cominciò a Milano negli anni ‘60. Lavorammo per una stessa rivista, diretta da Silvana Bernasconi: Walter con i suoi deliziosi disegni, io con disegni e testi. Anni dopo (1974) gli dedicai un capitolo del primo libro sui grandi personaggi della moda che ebbe una presentazione stupenda, alla quale fu presente anche “il Walter”.
C’è chi lo ricorda a Capri, ai primordi di “MareModa”, in abbigliamento stravagante: così come una certa corrente – seguita da alcuni personaggi che si facevano particolarmente notare nell’isola – voleva quell’anno, mentre le note di “ Azzurro”, che avrebbero accompagnato i suoi modelli color cielo nello show alla Certosa, ci seguivano, ossessionanti, giorno e notte, durante la interminabili prove. C’è invece chi lo ricorda giovanissimo, silenzioso, mentre nella Sala Bianca di Palazzo Pitti disegnava con accanimento e c’è anche chi, come me, lo ricorda ancor prima, ancor più giovane quando, nei felici “tempi eroici”, lavorando per la medesima rivista lo incontrava con la sua cartella di disegni sotto il braccio: quei disegni lineari, stilizzati come la sua firma che, poco tempo dopo, si sarebbero visti anche su un quotidiano della capitale lombarda.
Walter Albini, ormai soltanto “il Walter” o “l’Albini”, meglio ancora, secondo la voga dell’epoca , “W A”: tout court, nato a Busto Arsizio nel ‘41, dopo aver seguito gli studi classici abbandona le scienze umanistiche per passare all’Istituto d’Arte per il disegno di Moda e del Costume di Torino; non appena ne ottiene il diploma eccolo a Parigi, dove svolge un apprendistato di tre anni: e qui comincia a lavorare anche come illustratore , come disegnatore di pagine pubblicitarie cercando, contemporaneamente, di risolvere il problema dello spuntino quotidiano (“…ho patito la fame , a Parigi, per farmi le ossa…”, diceva, non senza una punta di giusto orgoglio, come tutti coloro che si sono “fatti da soli”: e ci pensino – oggi, come ieri – gli ultra giovani che credono, e pretendono, di poter avere ogni cosa -s uccesso, fama, denaro- facilmente!).
Quindi torna in Italia, dove Silvana Bernasconi – anche direttrice di una rivista di moda – gli affida il compito di illustrare alcune pagine della rivista, oltre ad alcune rubriche su altri giornali.
Subito dopo Albini disegna le collezioni anche per due nomi già celebri nel mondo boutique: Krizia, e Billi Ballo. E poi lancia – o rilancia – gli accostamenti bianco, rosso, blu, il velluto stampato, il grigio e le scarpe ortopediche, il tutto-bianco e il tutto-nero oltre agli stampati figurativi. Inizia quindi, a Milano, un discorso molto più ambizioso, che lo porta a coordinare la produzione di cinque ditte che coprono i vari settori dell’abbigliamento (il pret-à-porter per donna di Mister Fox, la camiceria per uomo e donna di Sportmax, il pret-à-porter e le collezioni per uomo di Basile, i completi di jersey per uomo e donna di Callagha, la maglieria – sempre per uomo e donna – di Escargot, così che i compratori possano con immediatezza ed una visione completa coordinare i vari capi.
Dalla sua matita nascono le bandierine, la moda marinara, le rondinelle, le murrine, il revival, gli anni ‘30’/40, tante Wally Simspon rivedute e modernizzate, le lunghe collane a più giri, i pulloverini smilzi ed i lunghi comodi cardigan, i berretti a maglia, i toni spenti, ed il cardigan elegante-sportivo. Ma non basta: il Walter – alto, grandi occhi neri, sopracciglia folte, capelli neri leggermente mossi, baffi si e baffi no (a seconda dell’umore) guarda sempre più lontano e decide di mettersi in prorprio unendo la sua attività di stilista a quella di industriale: così, nell’autunno del ‘72 annuncia di preparare una collezione tutta sua, che presenterà nell’aprile del ‘73.
Dopo questa notizia eccone un’altra: la sua organizzazione, creata in breve tempo su basi industriali è riuscita in anticipo a dare il via ai suoi programmi: tanto che il 7 dicembre del ‘72, a Londra – ospite di Browns, l’importante negozio – presenta una collezione uomo e donna dedicata alla primavera-estate del ‘73 ; la collezione che verrà poi venduta in esclusiva in Italia e nel mondo. Quindi eccolo con un’altra collezione – la seconda – a Venezia, in una sede eccezionale qual è il Caffè Florian; nel febbraio del ‘74 lo rivediamo a Roma, al Salone Margherita: sempre con uno stile anni ‘30, con una nostalgica ricerca e rievocazione del passato, dell’epoca fitzgeraldiana, della riviera francese popolata di tante Daisy, Gloria, Nicole e Zelda.
Sempre spinto dal desiderio di affermarsi ed espandersi ulteriormente , si mette inoltre a disegnare costumi e scene per il teatro che, assieme all’arredamento, rappresenta il suo interesse più importante.
Timido – tanto da sfuggire più volte a chi lo applaude, a chi cerca di congratularsi con lui, W A crede molto nell’astrologia (lo aiuta a conoscere sé stesso ed il mondo in cui vive – dice), non pratica sport (eccetto il nuoto e la ginnastica da camera), ma ama la lettura e tutti gli spettacoli in genere (dal teatro al cinema alla musica) la raccolta di vasi e di statuine decò, di specchi a mano, di disegni di accessori ed accessori, oltre -moltissimo- la gastronomia (cucina personalmente ed offre pranzi : ma sempre e soltanto per pochissimi amici). Poi, adora l’arredamento, ed arreda personalmente le proprie case : una a Milano, un’altra a Venezia (sul Canal Grande), e nelle due cità vive in dipendenza dei suoi impegni di lavoro: nella prima la sua attività si rivolge alla ricerca dei tessuti, ai vari contatti con stampa e pubblicità, mentre in provincia di Venezia vi è la fabbrica dei suoi modelli; una terza casa è in Tunisia, a Sidi Bou Said, in periodi -come diceva- di fermo volontario, pur se gli piaceva. tanto viaggiare.
Walter Albini: molto altro, indubbiamente, vi sarebbe stao da scrivere se la sua vita non fosse stata prematuramente troncata.