In Italia, solo il 4% delle strade di città e comuni sono intitolate a personaggi femminili che per la maggior parte sono madonne, sante e martiri. E le artiste? Le scienziate? Le scrittrici? Dove sono le grandi voci femminili? Partendo da questo dato, Vanity Fair lancia «LA GEOGRAFIA DELLE DONNE»,un progetto che unisce editoria, istituzioni pubbliche e impegno civile intorno al tema dell’emancipazione femminile. Lo scopo è iniziare a riscrivere la cartografia italiana dando spazio alle donne che hanno reso grande il nostro Paese.
Insieme con l’associazione Toponomastica Femminile, il settimanale di Condé Nast si fa promotore di intestazioni di strade, piazze, corti e giardini, che porteranno il nome di grandi donne. Si è partiti proprio l’8 marzo 2021 da Firenze, dove uno dei giardini che affacciano su Lungarno Colombo è stato dedicato a Tina Anselmi. L’intestazione è accompagnata da un QR code che rimanda a un approfondimento sul sito di Vanityfair.it per scoprire la storia di ogni donna celebrata. Come Tina Anselmi, che ha dedicato la sua vita ai valori della libertà e della democrazia. Il progetto di Vanity Fair proseguirà per le prossime settimane ed è coronato dal numero speciale in edicola il 17 marzo.
In copertina ci sono 48 donne che stanno scrivendo una nuova geografia politica, culturale, sociale ed economica dell’Italia. E che a noi raccontano che cosa è significato nel loro percorso professionale e che cosa significa essere una donna nell’Italia di oggi, nonché quali sono le regole fondamentali per dare più spazio alle figure femminili in futuro: da Ilaria Capua a Luciana Lamorgese, da Donatella Versace a Milena Gabanelli, a Chiara Ferragni, Elodie e Vittoria Puccini, troverete nomi altrettanto importanti della contemporaneità, professioniste del mondo della politica, della scienza, dello sport e della cultura.
Non mancano inoltre esclusive narrazioni al femminile come una «mostra» della curatrice Carolina Corbetta che ha selezionato le opere di 12 grandi artiste sul tema dell’emancipazione inclusiva. Il racconto della battaglia di Alessandra Clemente, figlia di un’insegnante uccisa dalla camorra, che da anni si impegna per scardinare i modelli culturali criminali. L’inchiesta sul gender gap e sulle iniziative presenti sul territorio, da #STEMintheCity a Coding Girls, per incentivare le studentesse a intraprendere percorsi universitari nelle discipline tecnico-scientifiche, così da ridurre il divario di genere e contribuire alla crescita economica del Paese.
Intraprendere #lastradagiusta è anche l’intento del direttore di Vanity Fair Simone Marchetti che, nel suo editoriale, annuncia come, da questo numero, cambierà il linguaggio del giornale. Il primo passo è stato aggiornare le cariche del corpo redazionale, utilizzando il sostantivo femminile laddove la giornalista è donna. Altre importanti iniziative seguiranno perché, scrive Marchetti, «come per i nomi delle strade, anche il linguaggio che usiamo ha bisogno di cambiare. Le parole che pronunciamo, infatti, come i nomi delle vie che attraversiamo ogni giorno, ci condizionano, ci formano, ci indicano la strada. È arrivato il momento di cambiarli perché noi stiamo cambiando e perché noi abbiamo bisogno di cambiare. È un percorso lungo e come tutte le rivoluzioni passa da forzature, da eccessi, forse da moralismi. Ma è necessario perché la questione femminile riguarda tutti. Uomini e donne. Geografie e linguaggi. E non fermatevi di fronte a chi insinua che sia solo l’ennesima deriva del politicamente corretto. Non c’è niente di corretto ma molto di politicamente sbagliato nei secolari soprusi che le donne hanno subito. È arrivato il momento di cambiare la Storia».
E a proposito di soprusi, Marchetti richiama l’attenzione su un tema caldissimo che riguarda le donne e le strade: la sicurezza e la libertà, troppo spesso violate, come testimonia l’omicidio di Sarah Everard, assassinata il 3 marzo scorso a Londra, che ha scatenato nel Regno Unito un «effetto George Floyd»: «Mentre finiamo di lavorare a queste pagine, a Londra la polizia sta caricando con violenza un gruppo di donne che manifesta pacificamente per una veglia funebre in memoria di Sarah Everard, dirigente marketing di 33 anni rapita e assassinata da un poliziotto nella zona Sud della capitale inglese. All’evento arriva anche Kate Middleton, mentre in rete l’hashtag #reclaimthestreets invita tutte le donne del Regno Unito a rivendicare il proprio diritto alla sicurezza per strada. C’è un’aggravante ai fatti: il capo della polizia metropolitana di Londra è una donna, Cressida Dick, la prima nella storia in questo ruolo. A lei viene imputata l’eccessiva forza impiegata nell’operazione. Questo, come tanti, tantissimi altri, è l’ennesimo esempio di quanto la questione femminile, la sua emancipazione, la sua tutela e il suo interesse riguardino tutti, uomini e donne, in un intricato e spinoso sistema di tradizioni, linguaggi, pratiche e consuetudini che fino a ieri davamo per scontati ma che oggi devono cambiare».